tecnici e giuristi insieme: approfondimenti tecnico-giuridici sistematici

Urbanistica - Giurisprudenza

Consiglio di Stato, Sez. IV, 18 maggio 2012

Decadenza o meno del vincolo - zonizzazione a verde privato

La sentenza ribadisce l'orientamento secondo il quale:

A ragione il giudice di primo grado ha affermato che, in tal senso, il generale potere conformativo di cui è titolare l’Amministrazione Comunale in sede di pianificazione del territorio non coincide in tale evenienza con il ben diverso potere di carattere ablatorio previsto dall’art. 25 della L. 17 agosto 1942 n. 1150, in forza del quale “le aree libere sistemate a giardini privati adiacenti a fabbricati possono essere sottoposte al vincolo dell’inedificabilità anche per una superficie superiore a quella di prescrizione secondo la destinazione della zona”, con la precisazione che “in tal caso, e sempre che non si tratti di aree sottoposte ad analogo vincolo in forza di leggi speciali, il Comune è tenuto al pagamento di un’indennità per il vincolo imposto oltre il limite delle prescrizioni di zona”.

Tale disciplina è infatti applicabile nell’ipotesi, ben differente dal caso di specie, in cui lo strumento urbanistico generale imponga, con riferimento ad una singola area edificabile, un indice di fabbricabilità diverso ed inferiore rispetto a quello fissato in via generale per la medesima zona omogenea.

Se così è, pertanto, la destinazione urbanistica di un’area a “verde privato” operata dalle previsioni del vigente strumento urbanistico primario non assume la natura di vincolo ablatorio o assimilabile, ma rientra nell’ambito della normale conformazione della proprietà privata, espressione del potere di pianificazione del territorio comunale.

In tal senso, per risalente ma ancora attuale e non smentito indirizzo giurisprudenziale, la destinazione a verde privato di un’area rientra infatti tra le ipotesi di qualificazione delle zone territoriali omogenee di cui lo strumento urbanistico primario si compone e, anche se pone preclusione all’edificazione implicando l’esclusione della possibilità di realizzare qualsiasi opera edilizia incidente sulla destinazione a verde (così, ex plurimis, Cons. Stato, Sez. IV, 5 ottobre 1995 n. 781), rimane comunque espressione delle funzioni di ripartizione in zone del territorio, senza determinare vincoli tali da escludere potenzialmente il diritto di proprietà nella sua interezza (così Cons. Stato, Sez. IV, 24 luglio 1985 n. 290).

In relazione a quanto ora evidenziato, e a differenza di quanto affermato dalla parte appellante, la destinazione stessa non sostanzia alcun vincolo correlato al regime di decadenza conseguente all’inutile decorso del termine quinquennale all’epoca contemplato dall’art. 2 della L. 19 novembre 1968 n. 1187 (e, ora, dall’art. 9 del T.U. approvato con D.P.R. 6 giugno 2001 n. 327 come modificato dall’art. 1 del D.L.vo 27 dicembre 2002 n. 352) e che altrimenti implicherebbe - per l’appunto - l’obbligo del Comune di procedere alla riqualificazione urbanistica delle aree stesse dopo la scadenza del vincolo (cfr. sul punto, ad es., Cons. Stato, Sez. IV, 14 dicembre 1993 n. 1068).

Da ciò consegue, quindi, non solo che nessuna decadenza si è nella specie verificata per quanto segnatamente attiene alla destinazione a verde privato imposta all’area in questione, ma anche che dalla destinazione stessa non discende alcun obbligo di indennizzo per il privato, non potendosi pertanto dare accesso a qualsivoglia censura tesa a far valere l’illegittimità della previsione di destinazione sotto il profilo della mancanza di un ristoro economico al riguardo.

Per quanto poi attiene alla legittimità della scelta dell’Amministrazione Comunale di destinare l’area di cui trattasi a verde privato, a ragione il giudice di primo grado ha evidenziato che la relativa censura doveva essere proposta impugnando in parte qua lo strumento di pianificazione generale, ossia il vigente piano di fabbricazione, stante il fatto che – come detto innanzi - la previsione contenuta nel piano di recupero è meramente attuativa del piano di fabbricazione medesimo e da esso assolutamente vincolata: e ciò – si badi – anche a prescindere dall’assunto dell’appellante secondo il quale la proibizione, asseritamente momentanea, degli interventi edilizi sull’area in questione sarebbe stata indotta, nella stesura del piano di fabbricazione, “di programmi … di varianti attuative e conseguenti previsioni economiche da parte dell’Amministrazione” (cfr. pag. 11 dell’atto di appello), posto che tale stato di cose non poteva per certo configurare una “competenza” dello strumento attuativo a mutare il contenuto della sovrastante disciplina contenuta nello strumento di pianificazione primario.

 

TAR Lombardia, Brescia, sez. I, 20 marzo 2012

Decadenza dei vincoli espropriativi - obbligo dei comuni - silenzio dell'amministrazione sulla diffida degli interessati

La sentenza evidenzia che:

Il rimedio giurisdizionale (già previsto dall'art. 21-bis, l. 6 dicembre 1971 n. 1034 ed ora) disciplinato dall’art. 31 c.p.a. è volto a far accertare l'inerzia dell'Amministrazione a pronunziarsi in ordine ad una istanza a fronte della quale a carico della stessa Amministrazione sussista un obbligo a provvedere. Pertanto il giudice investito della relativa cognitio deve limitarsi a constatare l'illegittimità del comportamento omissivo con conseguente dichiarazione dell'obbligo a provvedere, senza peraltro poter entrare nel merito della fondatezza o meno della pretesa sostanziale sottesa all'istanza di provvedere, salvo che vengano in rilievo le ipotesi (di attività vincolata o in cui si sia già consumato ogni margine di apprezzamento discrezionale) di cui al 3° comma del cit. art. 31).

Ciò premesso, va ricordato che i vincoli espropriativi imposti su beni determinati dallo strumento urbanistico hanno, per legge, durata limitata a cinque anni. Alla scadenza, se non è intervenuta dichiarazione di pubblica utilità dell'opera prevista, il vincolo preordinato all'esproprio decade (cfr. l’art. 2 L. n. 1187 del 1968 ed ora l’art. 9 del T.U. delle norme in materia di espropriazione per pubblica utilità, approvato con D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327).

Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza, la decadenza dei vincoli urbanistici espropriativi o che, comunque, privano la proprietà del suo valore economico, comporta l'obbligo per il Comune di "reintegrare" la disciplina urbanistica dell'area interessata dal vincolo decaduto con una nuova pianificazione. Ne consegue che il proprietario dell'area interessata può presentare un'istanza, volta a ottenere l'attribuzione di una nuova destinazione urbanistica e l'amministrazione è tenuta a esaminarla, anche nel caso in cui la richiesta medesima non sia suscettibile di accoglimento, con l'obbligo di motivare congruamente tale decisione (cfr. Cons. St., Sez. IV, 22 giugno 2004 n. 4426; T.A.R. Campania, Salerno, Sez. I, 3 giugno 2009, n. 2825; T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. III, 25 giugno 2009 n. 1167; Catania, Sez. I, 13 marzo 2008 n. 467; 18 luglio 2006 n. 1183; 21 giugno 2004 n. 1733), fermo restando, naturalmente, il potere discrezionale dell'amministrazione comunale in ordine alla verifica e alla scelta della destinazione, in coerenza con la più generale disciplina del territorio e con l'interesse pubblico al corretto e armonico suo utilizzo (cfr. Cons. St., sez. IV, 8 giugno 2007, n. 3025).

Pertanto, la giurisprudenza amministrativa ha costantemente affermato: a) l’ illegittimità del "silenzio serbato dall'Amministrazione rispetto alla diffida volta ad ottenere l'emanazione degli atti necessari a conferire una nuova destinazione urbanistica all'area dell'istante" (cfr. T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. I, 19 maggio 2005 n. 860; T.A.R. Napoli, Sez. VIII, 16 settembre 2008 n. 10204); b) che l'Amministrazione ha l'obbligo di "attribuire una nuova destinazione all'area interessata e, in caso di inerzia, il privato potrà agire in via giurisdizionale mediante gli strumenti previsti contro il silenzio-rifiuto dall'art. 2, l. n. 205/2000" (cfr. Cons. St., Sez. IV, 28 gennaio 2002 n. 456); c) che l'accoglimento del gravame proposto contro il silenzio rifiuto formatosi su una diffida a provvedere sulla definizione urbanistica di un'area già oggetto di vincolo espropriativi scaduto comporta esclusivamente l'obbligo dell'Amministrazione di provvedere sull'istanza del soggetto interessato e di attribuire all'area una specifica e appropriata destinazione urbanistica" (cfr. T.A.R. Veneto, Sez. I, 12 marzo 2004 n. 639).

 

TAR Lombardia, Brescia, sez. I, 20 marzo 2012

Natura dei vincoli espropriativi ed altre destinazioni di PRG

La sentenza evidenzia che:

Dal punto di vista generale, va rammentato che la Corte costituzionale (con la fondamentale sentenza 20 maggio 1999 , n. 179) ha affermato (al il p. 5.) che -sono al di fuori dello schema ablatorio-espropriativo con le connesse garanzie costituzionali (e quindi non necessariamente con l'alternativa di indennizzo o di durata predefinita) i vincoli che importano una destinazione (anche di contenuto specifico) realizzabile ad iniziativa privata o promiscua pubblico-privata, che non comportino necessariamente espropriazione o interventi ad esclusiva iniziativa pubblica e quindi siano attuabili anche dal soggetto privato e senza necessità di previa ablazione del bene. Ciò può essere il risultato di una scelta di politica programmatoria tutte le volte che gli obiettivi di interesse generale, di dotare il territorio di attrezzature e servizi, siano ritenuti realizzabili (e come tali specificatamente compresi nelle previsioni pianificatorie) anche attraverso l'iniziativa economica privata - pur se accompagnati da strumenti di convenzionamento. Si fa riferimento, ad esempio, ai parcheggi, impianti sportivi, mercati e complessi per la distribuzione commerciale, edifici per iniziative di cura e sanitarie o per altre utilizzazioni quali zone artigianali o industriali o residenziali; in breve, a tutte quelle iniziative suscettibili di operare in libero regime di economia di mercato.

In tal senso si è consolidato un vasto orientamento giurisprudenziale (cfr. Cons. St. Sez. IV 29.8.2002 n. 4340, idem 30.6.2005 n. 3524; idem 12.5.2010 n. 2843; Tar Milano, Sez. II, 29.12009, n. 989; T.A.R. Salerno, Sez. II, 27.4. 2011 n. 764 ) che ha affermato che sono vincoli preordinati all'espropriazione o di carattere sostanzialmente espropriativo solo quelli che implicano uno svuotamento incisivo della proprietà, mentre non lo sono i vincoli di destinazione imposti dal piano regolatore per attrezzature e servizi realizzabili anche ad iniziativa privata o promiscua, in regime di economia di mercato, anche se accompagnati da strumenti di convenzionamento (ad esempio parcheggi, impianti sportivi, mercati e strutture commerciali, edifici sanitari, zone artigianali, industriali o residenziali).

In questa prospettiva, le destinazioni a parco urbano, a verde urbano, a verde pubblico, a verde pubblico attrezzato, a parco giochi e simili si pongono al di fuori dello schema ablatorio - espropriativo e costituiscono espressione di potestà conformativa (avente validità a tempo indeterminato), quando lo strumento urbanistico consente di realizzare tali previsioni, non già ad esclusiva iniziativa pubblica, ma ad iniziativa privata o promiscua pubblico - privata, senza necessità di ablazione del bene.

 

Consiglio di Stato, Sez. IV, 15 marzo 2012

Natura giuridica del comparto

La sentenza evidenzia che:

Il Comune, quindi, per consentire gli interventi edilizi nell’area de qua unitamente all’urbanizzazione della stessa, ha utilizzato lo strumento urbanistico del comparto, che, quanto alla perimetrazione, reca una sua precisa delimitazione e trova precipua disciplina nell’art.10 delle NTA del PRG del Comune di Spinea, lì dove è previsto espressamente che “quando sia opportuna una previsione coordinata degli interventi edilizi o di settore è consentita la formazione di progetti di comparto, come strumento di coordinamento dell’intervento diretto, ai sensi dell’art.18 della L.R n.61/85”.

Tanto precisato in ordine alla natura giuridica del comparto, da intendersi, nell’ambito della pianificazione urbanistica, come strumento di coordinamento per la realizzazione di interventi edilizi diretti a mezzo di un’attuazione unitaria, è accaduto che, già in data 3 luglio 2007, gli interessati hanno presentato, in relazione a quanto approvato in sede di comparto, una autonoma “proposta di P.d.l” , la quale, stante l’allegata relazione tecnica, prevede espressamente una nuova diversa viabilità, con la prevista realizzazione di un tratto viario di collegamento tra il comparto in questione e via Carducci.

 

TAR Veneto, Sez. II, 25 gennaio 2012

Scopo delle convenzioni urbanistiche

La sentenza evidenzia che:

In ogni caso, va ricordato che “Le convenzioni urbanistiche hanno lo scopo di garantire che all’edificazione del territorio corrisponda, non solo l’approvvigionamento delle dotazioni minime di infrastrutture pubbliche, ma anche il suo equilibrato inserimento in rapporto al contesto di zona che, nell’insieme, garantiscano la normale qualità del vivere in un aggregato urbano discrezionalmente, e razionalmente, individuato dall’Autorità preposta alla gestione del territorio (C.d.S., sez. IV, 6 novembre 2009, n. 6947).

Ne consegue che una convenzione urbanistica ben può decidere la realizzazione di opere di rilievo urbanistico, anche non funzionali esclusivamente all’intervento permesso ai privati, ovvero può concordare il trasferimento della proprietà di beni: e ciò sia in sostituzione parziale o totale degli oneri d’urbanizzazione, sia quale strumento perequativo.

 

C.d.S, Sez. IV, 16 gennaio 2012

Le scelte in materia di pianificazione sono discrezionali

La sentenza conferma quello che appare un orientamento granitico:

Con riguardo alle doglianze più propriamente afferenti al contenuto e alle motivazioni delle scelte urbanistiche compiute con gli atti impugnati rispetto alla destinazione delle aree in proprietà della appellante, va innanzi tutto richiamato il consolidato indirizzo giurisprudenziale – dal quale questa Sezione non ravvisa alcun motivo per discostarsi – in ordine all’ampia discrezionalità che connota le scelte dell’Amministrazione in ordine alla destinazione dei suoli in sede di pianificazione generale del territorio, tali da non richiedere una particolare motivazione al di là di quella ricavabile dai criteri e principi generali che ispirano il P.R.G. (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 24 febbraio 2011, nr. 1222; id., 18 ottobre 2010, nr. 7554; id., 4 maggio 2010, nr. 2545; id., 31 luglio 2009, nr. 4847), derogandosi a tale regola solo in presenza di specifiche situazioni di affidamento qualificato del privato a una specifica destinazione del suolo (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 18 gennaio 2011, nr. 352; id., 12 gennaio 2011, nr. 133; id., 9 dicembre 2010, nr. 8682; id., 13 ottobre 2010, nr. 7492; id., 24 aprile 2009, nr. 2630; id., 7 aprile 2008, nr. 1476).

Con ogni evidenza, una siffatta situazione non è rinvenibile in capo all’odierna appellante, non potendo certo un’aspettativa giuridicamente tutelabile discendere dalla pregressa destinazione del suolo (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 29 dicembre 2009, nr. 9006), e nemmeno dalla mera circostanza che nella specie la società istante avesse presentato una proposta di lottizzazione, mai esaminata dal Comune (e ciò in disparte quanto appresso si dirà con riguardo al diverso “trattamento” riservato ad altra proposta formulata in relazione a un suolo limitrofo).

 

Urbanistica/Espropriazioni - C.d.S, Sez. IV, 10 gennaio 2012

Indennità per vincolo a zona P.E.E.P.: servono 25 anni !!!

I giudici sono stati chiamati a confermare o meno la sentenza TAR adito con la quale i ricorrenti chiedevano al Comune il riconoscimento dell'indennità prevista dal testo unico degli espropri per il fatto che i propri terreni sono stati vincolati a PEEP sin dall'anno 2000 e ancora non è stato avviato alcun piano. Il Consiglio di Stato conferma il TAR asserendo:

le deduzioni degli odierni appellanti, pur comprensibili sul piano umano (lamentando essi l’indefinita deminutio di valore dei suoli in loro proprietà a fronte di una contropartita economica che, in considerazione della non verde età degli interessati, potrebbe intervenire in un momento in cui sarà inidonea a costituire seria e concreta utilità), non valgono a superare il chiaro disposto dell’ultimo comma del citato art. 20 del d.P.R. nr. 327 del 2001, a mente del quale, qualora la dichiarazione di pubblica utilità sia implicita nell’approvazione di un piano esecutivo, il dies a quo del procedimento di determinazione dell’indennità corrisponde al momento dell’approvazione del piano di attuazione di questo.

Nel caso di specie, non risultano ancora decorsi i termini di legge (fissati in 25 anni) per l’approvazione del Piano di dettaglio del P.E.E.P. nel quale sono inclusi i suoli appartenenti agli istanti, e pertanto correttamente il primo giudice ha escluso la sussistenza di alcun obbligo di avviare il procedimento di determinazione dell’indennità.

 

Consiglio di Stato, Sez. 4, 10.8.2011

Strumenti urbanistici attuativi: effetti della decadenza

L’art. 17 l. n. 1150/1942, in tema di “validità dei piani particolareggiati”, prevede, per quel che interessa nella presente sede (comma 1):

“Decorso il termine stabilito per la esecuzione del piano particolareggiato questo diventa inefficace per la parte in cui non abbia avuto attuazione, rimanendo soltanto fermo a tempo indeterminato l'obbligo di osservare nella costruzione di nuovi edifici e nella modificazione di quelli esistenti gli allineamenti e le prescrizioni di zona stabiliti dal piano stesso.”.

La giurisprudenza ha già avuto modo di affermare che il termine decennale di efficacia dei piani particolareggiati è applicabile anche ai piani di lottizzazione (Cons. Stato, sez. VI, 20 gennaio 2003 n. 200).

Allo stesso tempo, la giurisprudenza ha chiarito che, anche dopo la scadenza, devono continuare ad osservarsi le prescrizioni di zona previste dal piano scaduto, in applicazione dell’art. 17, comma 1, l. 17 agosto 1942 n. 1150; infatti, i piani attuativi hanno efficacia decennale, con esclusione degli allineamenti e delle prescrizioni di zona stabiliti dal piano stesso destinati ad essere applicati a tempo indeterminato anche in presenza di uno strumento urbanistico generale. Ne consegue che, in considerazione della stabilità delle previsioni urbanistiche del piano attuativo, queste ultime rilevano a tempo indeterminato, anche dopo la sua scadenza, e ciò in quanto l’art. 17 l. 17 agosto 1942 n. 1150 va inteso nel senso che, scaduto il termine di efficacia stabilito per l’esecuzione del piano attuativo, nella parte in cui è rimasto inattuato non possono più eseguirsi i previsti espropri, preordinati alla realizzazione delle opere pubbliche e delle opere di urbanizzazione primaria, e non si può procedere all’edificazione residenziale; dove invece il detto piano ha avuto attuazione, con la realizzazione di strade, piazze ed altre opere di urbanizzazione, l’edificazione residenziale è consentita secondo un criterio di armonico inserimento del nuovo nell’edificato esistente e in base alle norme del piano attuativo scaduto (Cons. Stato, sez. IV, 27 ottobre 2009 n. 6572; sez. V, 30 aprile 2009 n. 2768).

Alla luce di quanto esposto, consegue che – una volta scaduto il termine di efficacia della convenzione di lottizzazione – nella zona considerata non è più possibile l’edificazione, proprio perché tale zona rientra nella parte che non ha trovato attuazione.

Per altro verso, ai fini della verifica delle conseguenze della scadenza del termine decennale di efficacia dei piani di lottizzazione, non rileva se la mancata attuazione del piano dipenda dal privato ovvero dalla pubblica amministrazione, rilevando esclusivamente, alla luce dell’art. 17 l. n. 1150/1942, il dato oggettivo della mancata attuazione del piano.

TAR Veneto, sez. 2, 1 giugno 2011

Urbanistica - tipologie di varianti al PRG - discrezionalità

Con la sentenza in commento, i giudici amministrativi evidenziano:

Occorre premettere che le varianti ai piani regolatori generali possono essere distinte, in relazione alla loro funzione ed estensione, in varianti generali, normative e specifiche.

La diversa consistenza spaziale dell'esercizio del potere di pianificazione urbanistica si riflette sia sulla concreta estensione dell'obbligo di motivazione e d’istruttoria che incombe sull'autorità amministrativa, sia sull'esercizio del sindacato di legittimità affidato al giudice amministrativo.

Per quanto attiene alle scelte urbanistiche di carattere generale è stato affermato che esse costituiscono apprezzamenti di merito, sottratte come tali al sindacato di legittimità, salvo che non siano inficiate da errori di fatto o da illogicità, irragionevolezza, con la conseguenza che esse non necessitano di apposita motivazione, essendo sufficiente l'espresso riferimento alla relazione di accompagnamento al progetto di modificazione del piano regolatore.

Per le varianti specifiche, ad oggetto circoscritto ovvero incidenti su aspettative qualificate, invece, è stata invece ritenuta necessaria una motivazione specifica ed un'istruttoria altrettanto puntuale (cfr. T.A.R. Sicilia Catania, sez. I, 15.4. 2010, n. 1089).

 

TAR Veneto, sez. 2, 31 maggio 2011

Urbanistica - natura e contenuti delle convenzioni e loro efficacia nei titoli abilitativi edilizi

Con la sentenza in commento, i giudici amministrativi evidenziano:

Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza, condiviso dal Collegio, all'interno delle convenzioni di urbanizzazione prevale il profilo della libera negoziazione.

Infatti, si è affermato che, sebbene sia innegabile che la convenzione di lottizzazione, a causa dei profili di stampo giuspubblicistico che si accompagnano allo strumento dichiaratamente contrattuale, rappresenti un istituto di complessa ricostruzione, non può negarsi che in questo si assista all'incontro di volontà delle parti contraenti nell'esercizio dell'autonomia negoziale retta dal codice civile (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 1.4.2011, n. 2040; Consiglio di Stato, sez. IV, 28.7. 2005, n. 4015; Consiglio di Stato, sez. V, 10.1.2003, n. 33).

 

TAR Veneto, sez. 2, 1 giugno 2011

Urbanistica - discrezionalità e tempistica delle scelte amministrative - varianti al Piano degli Interventi

Con la sentenza in commento, i giudici amministrativi evidenziano:

in termini generali, ed in contrasto con quanto affermato dai ricorrenti, che richiamano una disciplina affatto superata dalle norme nazionali e regionali poi intervenute (ndr art. 8 legge 1150/42), va riconosciuto al Comune, quale primario ente esponenziale degli interessi collettivi locali in materia urbanistica, il potere di rivedere costantemente le proprie scelte sull’organizzazione del territorio, anche a breve intervallo di tempo dalle precedenti determinazioni in materia.

La circostanza che ciò trovi la propria giustificazione in un mutamento di maggioranza politica non vizia di per sé le relative determinazioni, giacché tale modificazione consegue, a sua volta, da quella dell’elettorato, e dunque della popolazione residente, che ha così prescelto, come nuovi amministratori, quelli decisi a modificare la disciplina urbanistica vigente.

Non v’è certamente dubbio che tale variazione debba attuarsi nel rispetto del principio di ragionevolezza, e questo non sarebbe osservato, qualora la variazione degli strumenti urbanistici fosse attuata da un’Amministrazione comunale al mero scopo di contrastare lo strumento vigente ed approvato, riconducibile ad una precedente e diversa maggioranza politica: questo Collegio non può naturalmente che riconoscere il principio dell’unicità e della coerenza dell’azione amministrativa per gli enti pubblici rappresentativi ed elettivi, cui la ricorrente fa riferimento.

Inoltre, la variazione richiederà una peculiare motivazione per le aree già classificate (attualmente la norma), se le destinazioni preesistenti erano assistite da un affidamento qualificato in capo ai rispettivi titolari, fondato su specifiche aspettative, “come quelle derivanti da un piano di lottizzazione approvato, da un giudicato di annullamento di un diniego di concessione edilizia o dalla reiterazione di un vincolo scaduto” (così, ex multis, C.d.S., IV, 4 maggio 2010, n. 2545; conf. id., V, 2 marzo 2009, n. 1149).

... Invero, la decisione di ridurre le volumetrie e di accrescere gli standard è opinabile ma logicamente sostenibile, sicché la variante non può per questo essere ritenuta illegittima: entrambe le scelte, sia quelle contenute nell’originario piano degli interventi, come quelle espresse nell’impugnata variante, appartengono tutte all’ambito della discrezionalità, e non si può affermare che le prime siano preferibili a tal punto sulle altre da condurre ad una pronuncia d’illegittimità.

 

CdS, sez. IV, 12.04.2011

Convenzioni urbanistiche per oneri a scomputo - maggiori costi imprevisti durante l'esecuzione

Con la sentenza in evidenza il Consiglio di Stato è stato chiamato a rioformare o meno una sentenza TAR che aveva riconosciuto a favore dei lottizzanti e a carico del Comune, un maggior onere dell'importo dei lavori convenzionati a scomputo in quanto all'atto della stipula della convenzione mancava un progetto esecutivo corredato di computo metrico estimativo, per cui i lavori a farsi risultavano indicati soltanto genericamente (con impossibilità di una loro stima analitica)", oltre al fatto che la Sovrintendenza ha frapposto, in fase esecutive, ulteriori difficoltà.

Per i giudici del TAR ...

 

CdS, sez. IV, 28.03.2011

Strumenti urbanistici - impugnativa - trasferimento di volumetrie - standard urbanistici

Con l'articolata sentenza in commento il Consiglio di Stato mette in rilievo che:

in tema di impugnazione dei piani regolatori generali è orientamento giurisprudenziale consolidato che, nel sistema di pubblicità-notizia disciplinato dalla legislazione urbanistica nazionale e regionale nonché ai sensi dell’art. 124 del decreto legislativo 18 agosto 2000, nr. 267, il termine per l’impugnazione decorre dalla data di pubblicazione del decreto di approvazione o, comunque, al più tardi dall’ultimo giorno della pubblicazione all’albo pretorio dell’avviso di deposito presso gli uffici comunali dei documenti relativi al piano approvato, con la sola eccezione della ipotesi che esso incida specificatamente, con effetti latamente espropriativi, su singoli determinati beni, nel cui caso solo è dovuta la notifica individuale ai proprietari interessati.

...

TAR VE, Sez. II, 8-9-2011

Piani Urbanistici Attuativi: carico urbanistico - sensibile incidenza sugli standard - piano di recupero ed incrementi volumetrici - irragionevolezza delle determinazioni deliberate

La sentenza affronta più questioni e rappresenta significative argomentazioni che ben si inseriscono nell'attuale situazione dove i Comuni sono chiamati ad esprimersi su PUA vuoi con il piano casa o con il decreto sviluppo. In particolare rilevano le seguenti argomentazioni:

  • nel processo amministrativo, infatti, l'interesse a ricorrere è caratterizzato dalla presenza dei requisiti che qualificano l'interesse ad agire di cui all'art.100 c.p.c., vale a dire dalla prospettazione di una lesione concreta ed attuale della sfera giuridica del ricorrente e dall'effettiva utilità che potrebbe derivare a quest'ultimo dall'annullamento dell'atto impugnato (cfr Cons. St., sez IV,12 dicembre 2005, n.39), sicché sarebbe del tutto inutile l’annullamento di un provvedimento richiesta dal ricorrente se questi non può trarre alcun vantaggio in relazione alla sua posizione legittimante (cfr. Cons. St., sez. IV, 11 aprile 2007, n.1684);
  • il bene della vita anelato dalla ricorrente non è né astratto né teorico, dovendosi individuare nella tutela della qualità della vita incisa dalla disponibilità di parcheggi e spazi a verde adeguati, dal contenimento dell’inquinamento acustico e da maggiori servizi, vieppiù significativi in un contesto .. come i centri storici sepcie se connotati da una scarsa disponibilità di spazi pubblici a verde e/o a parcheggio;
  •  l’interesse pubblico ...

Consiglio di Stato, sez. IV, 16.02.2011

Discrezionalità scelte urbanistiche - limitazioni in capo alla PA

La sentenza in commento sembra evidenziare un orientamento giurisprudenziale consolidato:

Per consolidato orientamento giurisprudenziale, dal quale il Collegio non ha motivo di discostarsi, le scelte effettuate dalla P.A. in sede di formazione ed approvazione dello strumento urbanistico generale sono accompagnate da un’amplissima valutazione discrezionale che, nel merito, appaiono insindacabili e che sono per ciò stesso attaccabili solo per errori di fatto, per abnormità e irrazionalità delle stesse ( cfr Cons Stato Sez.IV 6/2/2002 n.664 ; idem 27/7/2010 n.4920).

In ragione di tale discrezionalità, l’Amministrazione non è tenuta a fornire apposita motivazione in ordine alle scelte operate nella predetta sede di pianificazione del territorio comunale , se non richiamando le ragioni di carattere generale che giustificano l’impostazione del piano (in tal senso questa Sezione 10/8/2004 n.4550).

Sempre al riguardo, giova rammentare che le scelte adottate per ciò che attiene la destinazione delle singole aree non necessitano di una specifica motivazione se non nel caso che la scelta vada ad incidere negativamente su posizioni giuridicamente differenziate ravvisabili unicamente però nell’esistenza di piani e/o progetti di lottizzazione convenzionati già approvati o situazioni di diverso regime urbanistico accertate da sentenze passate in giudicato (in tal senso, ex plurimis , questa Sezione 10/2/2009 n.2418 ; idem 30/3/2010), ipotesi, queste non rinvenibili nel caso di specie.

Con riferimento ai suindicati criteri ermeneutici da tempo affermati da questo Consesso parte appellante non può invocare una sorte di diritto alla immutabilità della classificazione urbanistica dell’area di sua proprietà sulla scorta di una semplice richiesta di edificazione, presentata peraltro nell’imminenza dell’adottando Piano Regolatore Comunale, che è del tutto inidonea a configurare una posizione qualificata rispetto ai nuovi intendimenti dell’Amministrazione.

Ne deriva , allora, in linea generale, che la preesistente destinazione urbanistica non impedisce l’introduzione di previsioni di segno diverso in virtù dell’esercizio di uno jus variandi pacificamente riconosciuto all’Amministrazione ed inoltre, che la posizione dell’appellante assume un contenuto di semplice aspettativa , senza che perciò, possa configurarsi a carico dell’Ente locale un onere di specifica motivazione in ordine alla disposta variazione urbanistica dell’area, ben potendo soccorrere al riguardo l’esposizione delle ragioni di carattere generale sottese alle scelte di gestione del territorio comunale (cfr Ad. Pl. n.24 del 22/12/1999).



TAR Piemonte, sez. 1, 14.01.2011

Illogicità di scelte urbanistiche che portano all'annullamento (in parte qua) di uno strumento urbanistico (PRG)

Un terreno viene riclassificato nella sua destinazione d'uso: da “area per spazi pubblici a parco per il gioco e lo sport” a “verde privato” in zona soggetta a vincolo fluviale. In seguito alle osservazioni dei proprietari il Comune e prevede la destinazione ad “area residenziale di completamento”.

Il ricorrente "lamenta come detta scelta si discosti dal canone di un’attenta regolazione del “giusto rapporto tra il costruito e le zone libere” e contrasti con le esigenze di tutela dell’ambiente, “in particolar modo la zona collinare e lacustre, al fine di salvaguardare l’identità del luogo che … è profondamente contraddistinto sia dalla presenza di una rigogliosa vegetazione nonché per il generale incantevole contesto panoramico”, con conseguente pregiudizio anche per la sua proprietà che, tra l’altro, vedrebbe notevolmente ridotta l’esposizione solare a seguito dell’innalzamento di un nuovo immobile.

La contestata destinazione residenziale, inoltre, comporterebbe una sensibile riduzione degli spazi verdi che contrasta con le finalità e gli obiettivi indicati nella relazione illustrativa del nuovo piano regolatore generale."



Consiglio di Stato, sez. V, 16-12-2010

Intervento di "ristrutturazione urbanistica"

La sentenza in commento sembra una delle poche che affronta il tema della qualificazione tecnico-giuridica degli interventi di ristrutturazione urbanistica (già art. 31, co. 1, lettera e) della legge 457/78, ora art. 3, co. 1, lettera f) del d.p.r. 380/01).

Secondo la sentenza l'intervento di ristrutturazione urbanistica deve "essere un intervento di ben più ampia portata e cioè rivolto a sostituire l’esistente tessuto urbanistico-edilizio con altro diverso mediante un insieme sistematico di opere edilizie che determinano anche la modificazione del disegno dei lotti, degli isolati e della rete stradale. Deve, pertanto, trattarsi di un intervento di per se stesso complesso e di vaste proporzioni (ben diverso, ripetesi, da quello riferibile alla ristrutturazione ovvero alla nuova costruzione di un singolo fabbricato) che come tale modifichi tutto il “tessuto” urbanistico ed edilizio della zona determinando così una variazione molto significativa della stessa, proprio sotto il profilo dell’assetto urbanistico precedente. Di conseguenza, è da escludere che il riconoscimento di tale beneficio possa intendersi correlato alla realizzazione di un semplice intervento di demolizione e costruzione di un singolo nuovo edificio il cui progetto, sia pure modellato alle caratteristiche tipiche della zona, non preveda altresì la realizzazione di ulteriori opere di urbanizzazione mirate alla sostituzione di tutto o di una rilevante parte del tessuto urbanistico della specifica zona da recuperare."



TAR Veneto 3-12-2010

Allacciamenti ai singoli lotti sono opere di urbanizzazione primaria - nozione di inizio lavori ai fini della decadenza ope legis del titolo edilizio e provvedimenti comunali

Il TAR del Veneto, con due sentenze distinte, è intervenuto sulle seguenti questioni di ricorso:

  • Opere di urbanizzazione prmaria: La ricorrente, in particolare, nega che l’esecuzione degli allacciamenti (dei singoli lotti) alla rete idrica e a quella di distribuzione del gas metano fosse ricompresa tra le opere di urbanizzazione previste dalla convenzione urbanistica e da ciò fa discendere l’illegittimità dell’atto integrativo del collaudo relativo proprio alla mancata realizzazione dei rammentati allacciamenti, nonché della successiva determinazione comunale volta ad escutere la polizza fideiussoria rilasciata a garanzia degli obblighi dedotti in convenzione.
  • Nozione di inizio lavori: E’ accaduto, però, che l’amministrazione comunale, nel corso del procedimento avviato con la presentazione della domanda di proroga della concessione edilizia e della relativa istruttoria, ha rilevato la sussistenza di circostanze tali da determinare la decadenza del titolo edilizio, (insufficienza delle opere poste in essere ai fini di integrare l'inizio lavori) dichiarata con specifico provvedimento.

    Alla declaratoria di decadenza del titolo edilizio ha fatto seguito il rigetto dell’istanza di proroga con altro provvedimento.

Corte dei Conti Veneto

Opere di urbanizzazione a scomputo e ribasso d'asta

Con deliberazione 27 luglio 2010, n. 94, la Sezione giurisdizionale del Venet ritiene che "di fronte ad una operazione di più ampio respiro, nella quale l’onere assunto dal privato per la realizzazione di opere di urbanizzazione primaria superi (e non risulti quindi con essi in posizione di corrispettività) gli oneri di urbanizzazione, occorre procedere ad una valutazione globale della fattispecie, di modo che l’eventuale ribasso d’asta potrà competere al privato (in applicazione, anche in tal caso, ma in senso inverso, del criterio del “giusto prezzo”) purché, come suggerito dallo stesso Comune richiedente, in casi limite, il ribasso d’asta (*) non scenda sotto i valori tabellari degli oneri dovuti".

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