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Giurisprudenza

Approfondimenti, valutazioni,
analisi e risorse per la conoscenza e l'orientamento delle prestazioni professionali nella cultura della responsabilità. D.lgs. 8 aprile 2008 n. 81

Corte Supema di Cassazione Penale

Cass. Pen. sez. IV 23 luglio 2008 n. 30812 - Il coordinatore per la progettazione è responsabile dell'infortunio occorso ad un lavoratore qualora abbia predisposto un PSC in modo molto generico, privo sia di indicazioni sulle procedure specifiche per talune lavorazioni pericolose che di prescrizioni relative alle opere provvisionali. Anche il coordinatore per l'esecuzione è stato ritenuto responsabile in quanto le sue disposizioni sono risultate inidonee ed insufficienti ad assicurare la sicurezza richiesta.

Cass. Pen. sez. IV 10 giugno 2008 n. 23090 - Il committente rimane il soggetto obbligato, in via originaria e principale, alla osservanza degli obblighi imposti in materia di sicurezza sul lavoro. L'esenzione dello stesso dalle responsabilità che la legge gli impone si verifica solo a seguito della nomina del responsabile dei lavori e nei limiti dell'incarico conferito a quest'ultimo. Alla normi del responsabile dei lavori si deve imprescindibilmente accompagnare un atto di delega, con il quale si attribuiscono al predetto responsabile dei lavori poteri decisionali, cui sono connessi evidenti oneri di spesa o, più in generale, la determinazione della sfera di competenza attributagli (già Cass. Sez. III n. 25-1-2007 n, 7209, ex pluris Cass. Pen. Sez. IV 6-12-2007 n. 7714).

Cass. Pen. sez. III 26 maggio 2008 n. 21002 - Il PSC deve essere specifico ed adeguato alle caratteristiche del cantiere a cui fa riferimento e non deve costituire una sorta di vastissima enciclopedia di tutti o quasi i rischi che si possono riscontrare nei cantieri stessi. Consegue che il coordinatore estensore è responsabile qualora nel PSC non sia formulata la previsione dei rischi connessi alla complessità dei lavori e non siano indicate le misure per la prevenzione dei rischi connessi alla presenza di più imprese nel cantiere.

Cass. Pen., sez. IV, 20 marzo 2008 n. 12348 - Sussiste l'obbligo di predisporre le misure di prevenzione nei luoghi di lavoro per garantire la sicurezza di chi vi presta la propria attività a qualunque titolo. Il concorso di colpa della persona offesa è giuridicamente irrilevante ai fini dell'accertamento della responsabilità penale ed al massimo ha rilievo ai fini della determinazione della pena quando influisce sul grado della colpa dell'imputato.

Cass. Pen. sez. IV, 21 gennaio 2008 n. 3011 - ll committente o il responsabile dei lavori ed il coordinatore in fase di esecuzione sono tenuti a creare un idoneo canale informativo che consenta loro di eseguire un rapido intervento volto a scongiurare conseguenze dannose derivanti da un eventuale malfunzionamento di una attrezzatura di cantiere e dalle ipotizzabili e prevedibili improvvide condotte dei lavoratori addetti, né possono portare a loro discolpa il fatto di non essere stati informati di tali circostanze in quanto proprio la mancata conoscenza della circostanza è emblematica della loro colpa.

Cass. Pen. sez. IV 18-5-2007 n. 19389 - Il coordinatore per l'esecuzione è responsabile dell'infortunio mortale occorso per non aver provveduto a sospendere i lavori in cantiere pur avendo riscontrate delle carenze di sicurezza il giorno prima dell'accaduto.

Cass. Pen. sez. III 18-05-2007 n. 19372 - Il coordinatore per l'esecuzione è responsabile dell'infortunio mortale occorso per non aver esercitato un adeguato controllo ed accertato che fossero realizzate tutte le prescrizioni fornite con il PSC.

Cass. Pen. Sez. IV, 21-06-2006 Pres. De Grazia Est. Marzano: In materia antinfortunistica l’inidoneità delle protezioni finalizzate ad evitare le cadute dall’alto (ex. Art. 10, comma 2 DPR 547/55) rientrano nella responsabilità dell’appaltatore in quanto egli non può fare affidamento sull’opera preventiva di altri soggetti, in quanto la predisposizione delle misure antinfortunistiche, della loro osservanza e dovuta sorveglianza al riguardo sono di competenza/responsabilità dell’appaltatore che se ne è, tra l’altro, assunto l’obbligo verso la corresponsione di specifico corrispettivo.

Cass. Pen. Sez. IV 21-6-2006 n. 21471: in tema di rapporto di causalità, difatti, non può parlarsi di affidamento quando colui che si affida sia in colpa per aver violato determinate norme precauzionali o per aver omesso determinate condotte, confidando che altri rimuova quella situazione di pericolo o adotti comportamenti idonei a prevenirlo: in tal caso, difatti, l'omessa attivazione del terzo o la mancata attuazione di idonei comportamenti da parte del lavoratore tutelato dalla posizione di garanzia non si configurano affatto come fatto eccezionale ed imprevedibile, sopravvenuto, da solo sufficiente a produrre l'evento, e questo avrà, semmai, più antecedenti causali, dovuti all'inerzia di quanti avrebbero, tutti, dovuto attivarsi e non si siano attivati.”

Si considera infortunio ogni evento avvenuto per causa violenta (e cioè fattore esterno, rapido e intenso che arrechi un danno o una lesione all’organismo del lavoratore – così Cass. 29.08.03 n. 12.685) in occasione di lavoro (e cioè la circostanza che l’infortunio sia ricollegabile da un nesso eziologico allo svolgimento dell’attività lavorativa – Cass. 11.12.03 n. 18.980), da cui sia derivata la morte o una inabilità permanente al lavoro, assoluta o parziale, ovvero una inabilità temporanea assoluta che comporta l’astensione dal lavoro per più di tre giorni (DPR 30.03.65 n. 1124);

La norma generale dell’art. 2087 del Codice Civile, quando mancano norme specifiche, attribuiscono la responsabilità all’imprenditore/datore di lavoro, eccetto in caso di dolo del lavoratore oppure in caso di rischio elettivo del medesimo e cioè di rischio generato da un’attività che non abbia rapporto con lo svolgimento dell’attività lavorativa o che esorbiti in modo irrazionale dai limiti della stessa;

Il datore di lavoro è esonerato da responsabilità solo quando il comportamento del dipendente presenti i caratteri dell’abnormità, inopinabilità ed esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo ed alle direttive ricevute, come pure dell’atipicità ed eccezionalità, così da porsi come causa esclusiva dell’evento;

Il datore di lavoro è esonerato da responsabilità se il sinistro è accaduto in situazioni in cui il lavoratore sia venuto a trovarsi per scelta volontaria, diretta a soddisfare impulsi personali che lo inducono ad affrontare rischi, anche sotto il profilo ambientale, diversi da quelli inerenti alla normale attività lavorativa (Cass. 10.05.2004 n. 8889);

La Corte di Cassazione Penale, sez. IV, del 31.3.2006 ha richiamato e condiviso la sentenza di Cass. 6025/89 secondo la quale “… Ne consegue che deve ravvisarsi l’aggravante di cui agli artt. 589, comma 2, e 590 comma 3, cod. pen., nonché il requisito della perseguibilità d’ufficio delle lesioni gravi e gravissime, ex art. 590, ultimo comma, cod. pen., anche nel caso di soggetto passivo estraneo all’attività e all’ambiente di lavoro, purché la presenza di soggetto nel luogo e nel momento dell’infortunio non abbia tali caratteri di anormalità, atipicità ed eccezionalità da far ritenere interrotto il nesso eziologico tra l’evento e la condotta inosservante e purché, ovviamente, la norma violata miri a prevenire incidenti come quello in effetti verificatosi”. In altri termini nei casi in cui è dimostrabile la violazione della norma antinfortunistica da contestare nel capo di imputazione, l’azione è perseguibile anche in assenza di querela di parte (d’ufficio).

Il sindaco è responsabile degli infortuni avvenuti nel Comune se non ha provveduto ad individuare i soggetti cui attribuire la qualifica di datore di lavoro. Così ha deciso la Corte di Cassazione, terza sezione penale, con la sentenza 13 giugno 2007, n. 35137. Il caso ha riguardato un Comune nel quale la competente ASL aveva proceduto ai controlli di legge, ed avendo constatato la inosservanza delle norme sulla sicurezza del lavoro aveva prescritto al Sindaco di adeguarsi alla normativa vigente entro un certo termine. Atteso che alla scadenza del termine fissato le prescrizioni non erano state osservate, il Sindaco veniva sottoposto a procedimento penale e condannato ad una ammenda per una serie di contravvenzioni, e ciò per avere omesso di designare il responsabile del servizio di prevenzione e protezione. Al riguardo, la Corte, ricorda che la normativa di cui all’art. 2 lett. b) del d.lgs. 242 del 1994, prevede che il datore di lavoro nelle pubbliche amministrazioni è il dirigente titolare di poteri di gestione o il funzionario preposto ad un ufficio avente autonomia gestionale, che devono essere individuati dal titolare della responsabilità politica.
Atteso che nel caso in argomento, il Sindaco, quale soggetto politico non ha indicato il soggetto da considerare all'interno del suo comune come datore di lavoro limitandosi ad effettuare una generica affermazione di principio, per la Corte, la conseguenza è il permanere in capo allo stesso della qualità di datore di lavoro e ciò ovviamente anche ai fini della responsabilità per la violazione della normativa antinfortunistica.

LAVORO - Sicurezza su lavoro - Rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro - Dolo - Configurabilità - Condizioni - Art. 437 c.p.. Per la configurabilità del reato di cui all'art. 437 cod. pen. (rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro), la natura dolosa dello stesso richiede che l'agente, cui sia addebitabile la condotta omissiva o commissiva, sia consapevole che la cautela che non adotta o quella che rimuove servano (oltre che per eventuali altri usi) per evitare il verificarsi di eventi dannosi (infortuni o disastri) sicchè, se la condotta, pur tipica secondo la descrizione contenuta nell'art. 437, è adottata senza la consapevolezza della sua idoneità a creare la situazione di pericolo, non può essere ritenuto esistente il dolo, che richiede una rappresentazione anticipata delle conseguenze della condotta dell'agente anche nel caso in cui queste conseguenze non siano volute ma comunque accettate. (Annulla in parte con rinvio, App. Venezia, 2 Novembre 2001). Presidente G. S. Coco, Relatore C. G. Brusco CORTE DI CASSAZIONE Penale sez. IV, 06/02/2007 (Ud. 17/05/2006), Sentenza n. 4675

Lavoro - Morte del lavoratore - Datore di lavoro - Omicidio colposo - Obblighi di protezione - Estensione - Rapporto di causalità materiale tra condotta ed evento letale - Fattispecie. Risponde del delitto di omicidio colposo in danno del lavoratore il datore di lavoro che non ha procurato lo strumentario di sicurezza necessario a prevenire eventi lesivi nel corso della prestazione lavorativa, poi verificatisi, seppure l’inadempimento sia dovuto ad una contingente indisponibilità di tale strumentario, dal momento che il diritto alla salute del lavoratore, come diritto fondamentale, non può ammettere lacune di tutela imputabili a cause indipendenti dalla volontà del soggetto titolare della posizione di garanzia. Fattispecie: Mancata fornitura del giubbotto antiproiettile alla guardia giurata. Presidente B. R. De Grazia, Relatore P. Piccialli. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. VI, 29/09/2006 (Ud. 04/07/2006), Sentenza n. 32286

Lavoro - Reati colposi derivanti da infortunio sul lavoro - Aggravante speciale - Configurabilità. In tema di reati colposi derivanti da infortunio sul lavoro, per la configurabilità dell'aggravante speciale (qui, quella prevista dall'art. 589 cpv. c.p.) non occorre che sia integrata la violazione di norme specifiche dettate per prevenire infortuni sul lavoro, giacchè, per l'addebito di colpa specifica, è sufficiente che l'evento dannoso si sia verificato a causa della violazione del disposto dell'art. 2087 del c.c., che fa carico all' imprenditore di adottare nell'esercizio dell'impresa le misure che secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei lavoratori (v. Cass., Sez. IV, 8 giugno 2001, Zagami). Presidente B. R. De Grazia, Relatore P. Piccialli. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. VI, 29/09/2006 (Ud. 04/07/2006), Sentenza n. 32286

Lavoro sicurezza - Urbanistica - Appalti - Prevenzione infortuni - Obblighi di prevenzione - Cantiere edile - Opere in subappalto - Individuazione dei destinatari. In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, gli obblighi di osservanza delle norme antinfortunistiche, con specifico riferimento all’esecuzione di lavori in subappalto all’interno di un unico cantiere edile predisposto dall’appaltatore, grava su tutti coloro che esercitano i lavori, quindi anche sul subappaltatore interessato all’esecuzione di un’opera parziale e specialistica, che ha l’onere di riscontrare ed accertare la sicurezza dei luoghi di lavoro, pur se la sua attività si svolga contestualmente ad altra, prestata da altri soggetti, e sebbene l’organizzazione del cantiere sia direttamente riconducibile all’appaltatore, che non cessa di essere titolare dei poteri direttivi generali. (Pres. De Grazia - Est. Marzano - Imp. Clemente ed altro). CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. IV, 21/06/2006 (Ud. 20/04/2006), Sentenza n. 21471

Corte Suprema di Cassazione Civile Sezione Lavoro

Cass. Sez. Lavoro 4-12-2001 n. 15312: neanche l’addebitabilità dell’incidente alla violazione di una specifica prescrizione delle regole è idonea di per sé a configurare l’ipotesi del rischio elettivo”;

È riconosciuta la responsabilità del datore di lavoro ai sensi dell’art. 2087 del codice civile per l’infortunio subito da un dipendente anche a fronte di una sua condotta imprudente (Cass., sez. Lavoro, 3.05.2004 n. 8365);

Le norme dettate in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, tese ad impedire l’insorgenza di situazioni pericolose, sono dirette a tutelare il lavoratore non solo dagli incidenti derivanti dalla sua disattenzione, ma anche da quelli ascrivibili ad imperizia, negligenza ed imprudenza dello stesso: ne consegue che il datore di lavoro è sempre responsabile dell’infortunio accorso al lavoratore (Cass., Sez. Lavoro, 18.02.2004 n. 3213);

LAVORO - Infortuni sul lavoro - Incidente verificatosi per mera curiosità - C.d. rischio elettivo - Indennizzabilità - Esclusione - Fattispecie. In materia di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro costituisce rischio elettivo la deviazione, puramente arbitraria ed animata da mere finalità personali, dalle normali modalità lavorative, comportante rischi diversi da quelli inerenti le usuali modalità di esecuzione della prestazione. Nella specie, la S.C., ribadendo il consolidato orientamento, ha confermato la decisione della corte territoriale che aveva negato l'indennizzabilità dell'infortunio occorso al lavoratore, partecipante ad un corso di perfezionamento antincendio, il quale, durante la pausa-caffè, per osservare da vicino il vano del discensore dei vigili del fuoco, si era avvicinato tanto da perdere l'equilibrio e precipitarvi dentro. Presidente S. Ciciretti, Relatore A. De Matteis, Ric. Perini. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 04/07/2007, Sentenza n. 15047

LAVORO - Nozione di rischio elettivo - Individuazione - Criteri - Distinzione del rischio elettivo dall'atto lavorativo compiuto con colpa. E’ qualificato come “rischio elettivo” una deviazione puramente arbitraria dalle normali modalità lavorative per finalità personali, che comporta rischi diversi da quelli inerenti alle normali modalità di esecuzione della prestazione (Cass. 18 agosto 1977 n. 3789; Cass. 24 luglio 1991 n. 8292; Cass. 17 novembre 1993 n. 11351; Cass. 3 febbraio 1995 n. 1269; Cass. 3 maggio 1995 n. 6088; Cass. 1 settembre 1997 n. 8269; Cass. 4 dicembre 2001 n. 15312). Esso viene configurato come l'unico limite che incide sulla occasione di lavoro, escludendola (Cass. 19 aprile 1999 n. 3885; Cass. 2 giugno 1999 n. 5419; Cass. 9 ottobre 2000 n. 13447; Cass. 8 marzo 2001 n. 3363). Sicché, il rischio elettivo può essere individuato attraverso il concorso simultaneo dei seguenti elementi caratterizzanti: a) vi deve essere non solo un atto volontario (in contrapposizione agli atti automatici del lavoro, spesso fonte di infortuni), ma altresì arbitrario, nel senso di illogico ed estraneo alle finalità produttive; b) diretto a soddisfare impulsi meramente personali (il che esclude le iniziative, pur incongrue, ed anche contrarie alle direttive datoriali, ma motivate da finalità produttive, come nella fattispecie esaminata da Cass. 25 novembre 1975 n. 3950, la quale ha ritenuto non costituire rischio elettivo, ma infortunio sul lavoro connotato eventualmente da colpa del lavoratore, quello di un fattorino che, contrariamente alle direttive aziendali, si attrezzi con un proprio ciclomotore per provvedere ad una più rapida consegna dei plichi della quale è incaricato); c) che affronti un rischio diverso da quello cui sarebbe assoggettato, sicché l'evento non abbia alcun nesso di derivazione con lo svolgimento dell'attività lavorativa. Questi elementi concorrono a distinguere il rischio elettivo dall'atto lavorativo compiuto con colpa, costituita da imprudenza, negligenza, imperizia, nel quale permane la copertura infortunistica. Presidente S. Ciciretti, Relatore A. De Matteis, Ric. Perini. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 04/07/2007, Sentenza n. 15047.

LAVORO - Sicurezza sul lavoro - Infortunio - Responsabilità dei lavoratori - Individuazione - Presupposti - Responsabilità ex art. 2087 c.c. del datore di lavoro - Nesso causale - Norme antinfortunistiche - Altre misure necessarie a tutelare l'integrità fisica. In materia di sicurezza sul lavoro, la responsabilità del datore di lavoro, per l'infortunio occorso ad un dipendente, non è esclusa dalla condotta imprudente del lavoratore, se non nei casi in cui quest'ultima presenti i caratteri dell'abnormità ed imprevedibilità (v., e plurimis, cass. nn.4782/1997, 5024/2002, 8365/2004, 12445/2006). Per altro verso, il lavoratore che assuma la responsabilità ex art. 2087 c.c. del datore di lavoro, in relazione ad un infortunio occorsogli, non ha l'onere di provare specifiche omissioni del datore in relazione alle norme antinfortunistiche, essendo soltanto tenuto a provare l'infortunio, il danno derivatone, il nesso causale tra l'uno e l'altro e la nocività dell'ambiente di lavoro, gravando sul datore- una volta provate tali circostanze l'onere di dimostrare di aver adottato tutte le cautele necessarie ad evitare il verificarsi dell'evento dannoso (e plurimis, cass. nn. 9856/2002, 7629/2004, 11932/2004, 4840/2006, 16881/2006). Tra tali cautele, poi, non rientra soltanto l'osservanza di puntuali precetti relativi alle macchine impiegate o a specifiche lavorazioni, ma anche l'adozione di misure relative all'organizzazione del lavoro, tali da evitare che lavoratori inesperti siano coinvolti in lavorazioni pericolose, ed all'informazione dei dipendenti sui rischi e la pericolosità di macchine o lavorazioni. E tale dovere si atteggia in maniera particolarmente intensa nei confronti di lavoratori di giovane età e professionalmente inesperti ( cfr. e plurimis , cass. nn. 9805/1998, 326/2002) e si esalta in presenza di apprendisti nei cui confronti la legge pone a carico del datore di lavoro precisi obblighi di formazione e addestramento, tra i quali non può che primeggiare l'educazione alla sicurezza del lavoro ( cfr. art 11 L. n. 25/1955). Presidente e Relatore S. Senese. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 18/05/2007, Sentenza n. 11622

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Lavoro sicurezza - Protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori - Direttiva 93/104/CE - Nozione di “orario di lavoro” - Portata. La direttiva del Consiglio 23 novembre 1993, 93/104/CE, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, dev’essere interpretata nel senso che essa osta alla normativa di uno Stato membro che, per quanto attiene ai servizi di guardia effettuati dai lavoratori di taluni centri sociali e medico sociali secondo il regime della presenza fisica sul luogo stesso di lavoro, preveda, ai fini del computo dell’orario di lavoro effettivo, un sistema di equivalenza come quello oggetto della causa principale, qualora il rispetto integrale delle prescrizioni minime stabilite dalla direttiva stessa ai fini di un efficace tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori non sia garantito. Nell’ipotesi in cui la normativa nazionale preveda, segnatamente, ai fini della durata massima del lavoro settimanale, un tetto più favorevole ai lavoratori, i limiti massimi o tetti pertinenti nella verifica dell’osservanza delle norme di tutela previste dalla detta direttiva sono esclusivamente quelli previsti nella direttiva medesima. CORTE DI GIUSTIZIA delle Comunità europee del 1° dicembre 2005, procedimento C-14/04.

 

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