TAR VENETO, sez. III, 17 ottobre 2006 n. 3464
 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, terza Sezione, con l’intervento dei signori magistrati:

Rita De Piero Presidente f.f. , relatore

Angelo Gabbricci Consigliere

Riccardo Savoia Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. 1061/2001, proposto da Ecoidea s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv. Sergio Camerino, Giuseppe Mercanti e Francesco Simone Crimaldi, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Venezia, San Bartolomeo n. 5278;

contro

il Comune di Cologna Veneta ed il Dirigente Responsabile dell’Ufficio Tecnico del Comune stesso, il primo costituito in giudizio col patrocinio degli avv. Luigi Righetti e Giorgio Pinello, presso cui ha domicilio eletto in Venezia, San Polo n. 3080/L;

per l’annullamento

in parte qua, della concessione edilizia n. 237 del 3.4.2001, per la realizzazione di un capannone ad uso agroindustriale, limitatamente alla prescrizione n 2; nonché della nota 8.2.2001 n. 2214, nella parte in cui ribadisce le medesime prescrizioni;

Visto il ricorso, notificato il 20 aprile 2001 e depositato il 17 maggio 2001 con i relativi allegati;

visto l’atto di costituzione in giudizio del resistente Comune;

viste le memorie prodotte dalle parti;

visti gli atti tutti di causa;

uditi, nella pubblica udienza dell’8.6.2002 - relatore il consigliere Rita De Piero - l’avv. Mercanti, per la ricorrente e l’avv. Scappini, in sostituzione di Righetti, per il Comune;

FATTO e DIRITTO

1. - La ricorrente Società “Ecoidea s.r.l.” (di seguito: Ecoidea) rappresenta di occuparsi della produzione di energia elettrica e termica mediante l’utilizzazione di fonti rinnovabili ed assimilate, in conformità alla vigente normativa comunitaria, nazionale e regionale, e di aver realizzato, in censuario di Cologna Veneta, nelle immediate vicinanze dello stabilimento Agroidea, un impianto di cogenerazione di energia elettrica e vapore da fonti rinnovabili (ed assimilate). La fonte di energia è costituita dal c.d. C.D.R. (combustibile da rifiuto) di cui al punto 14 dell’all. 1, suballegato 1, del D.M. 5.2.98.

Il vapore prodotto verrà totalmente utilizzato dallo stabilimento Agroidea e l’energia elettrica verrà ceduta ed immessa nella rete ENEL (alla stregua della convenzione con la stessa all’uopo stipulata), come previsto dalle norme in vigore.

Il progetto dell’impianto ha ottenuto tutte le necessarie autorizzazioni e pareri favorevoli.

In data 29.3.2000, il Comune ha rilasciato la concessione edilizia n. 55 per la realizzazione del capannone industriale destinato a contenere l’impianto di cogenerazione, che reca la prescrizione n. 2, ove viene previsto che il materiale utilizzato come combustibile sia obbligatoriamente carta, cartone, pallets in legno, e che tale materiale sia stoccato in area non scoperta. Ciò ha indotto la ricorrente a richiedere un ulteriore titolo (in variante della concessione n. 55) per realizzare un secondo capannone per il deposito del combustibile.

La variante è stata concessa con l’atto presentemente opposto (concessione edilizia in variante n. 237/2001), che contiene peraltro ulteriori prescrizioni, tra cui quella qui impugnata che prescrive che “il capannone è in funzione e in collegamento con l’impianto di cogenerazione, che, a sua volta, non può funzionare privo dello stabilimento “Agroidea” di Cologna veneta, e prima che in tale sito siano stati eseguiti i potenziamenti previsti e relazionati nella relazione tecnica allegata alla pratica edilizia. L’energia prodotta dovrà in maniera prevalente servire il vicino stabilimento per il funzionamento dello stesso, senza ricorrere all’uso di energia elettrica ENEL”.

Contro questo provvedimento la ricorrente deduce:

1) violazione di legge; difetto di presupposti e di motivazione.

Il Comune ha inserito nel provvedimento di concessione per la realizzazione di un capannone destinato a deposito di C.D.R., avente valore squisitamente urbanistico/edilizio, prescrizioni in ordine al funzionamento dell’impianto di cogenerazione, che risultano inconferenti, irrilevanti e fondate su erronei presupposti.

L’impianto di cogenerazione, infatti, è cosa del tutto diversa ed è stato già autorizzato, anche dal Comune di Cologna Veneta, per quanto di sua competenza.

2) Difetto di presupposti e di motivazione. Violazione dell’art. 4 della L. 10/77. Sviamento

La concessione edilizia viene rilasciata previa valutazione della conformità del manufatto con la disciplina urbanistica vigente, che, nella specie, sussiste. Qualsiasi altra valutazione è estranea alle competenze del Comune, in tema di rilascio di titoli edilizi.

3) Violazione dell’art. 22, comma 3, della L. 9/91 e dell’art. 3, comma 12, del D.Lg. 79/99. Difetto di presupposti, di istruttoria e di motivazione. Sviamento.

La clausola stabilisce che “il capannone è in funzione e in collegamento con l’impianto di cogenerazione, che, a sua volta, non può funzionare privo dello stabilimento “Agroidea” di Cologna Veneta, e prima che in tale sito siano stati eseguiti i potenziamenti previsti e relazionati nella relazione tecnica allegata alla pratica edilizia. L’energia prodotta dovrà in maniera prevalente servire il vicino stabilimento per il funzionamento dello stesso, senza ricorrere all’uso di energia elettrica ENEL”. Secondo il Comune, l’energia prodotta dovrà servire in modo prevalente il vicino stabilimento, senza tener conto del fatto che lo stesso utilizzerà la forza del vapore e che l’energia elettrica eccedente i bisogni dello stabilimento stesso essendo prodotta a mezzo di fonti rinnovabili, a tenore dell’art. 22, comma 3, della L. 0.1.91 n. 9 , deve essere ceduta all’ENEL.

Da ultimo, la ricorrente chiede il ristoro del danno ingiusto patito in conseguenza dell’illegittimità della clausola contestata.

2. - Il Comune, costituito, puntualmente controdeduce nel merito del ricorso, concludendo per la sua reiezione.

In particolare, fa presente che la clausola contestata costituisce semplicemente la ripetizione di quella già apposta alla concessione edilizia n. 55/2000, che aveva autorizzato la costruzione dell’impianto di cogenerazione, non opposta. Anzi, a ben vedere, si tratta non di obblighi imposti dalla P.A., ma della ripetizione di condizioni che la stessa Ecoidea si era autoimposta in sede di istanza di rilascio della prima concessione edilizia, la cui sola presenza aveva fatto sì che l’impianto potesse essere considerato rispettoso della disciplina urbanistico edilizia vigente. In proposito, l’Ente osserva che le strutture insistono in area D4 - agricola di completamento, ove è bensì consentita, ma con limiti, la realizzazione di industrie, depositi, centri servizi, magazzini ed attività connesse all’agricoltura. Tuttavia una struttura come quella realizzata dalla ricorrente, ancorchè connessa con un’attività agricola, non avrebbe potuto ottenere il permesso di costruire “in quanto non conciliabile con il carattere di polmone verde e di riserva priva di inquinamento (della zona agricola) oramai pacificamente affermato dalla giurisprudenza”, ma avrebbe dovuto collocarsi in zona industriale.

3. - Il ricorso è fondato.

Merita ricordare che oggetto della controversia è il titolo edilizio (in variante) per la realizzazione di un capannone destinato a contenere il combustibile da rifiuto utilizzato dalla ricorrente per il funzionamento di un impianto di cogenerazione di vapore ed energia elettrica; impianto già in precedenza autorizzato ed assistito da regolare titolo edilizio. Anzi, era proprio tale concessione edilizia a imporre espressamente lo “stoccaggio del materiale in area non scoperta”. Di qui la richiesta di concessione in variante, ed il conseguente rilascio del permesso di costruire, che reca la contestata “prescrizione”, con la quale il Comune “precisa” che “il capannone è in funzione e in collegamento con l’impianto di cogenerazione, che, a sua volta, non può funzionare privo dello stabilimento “Agroidea” di Cologna Veneta, e prima che in tale sito siano stati eseguiti i potenziamenti previsti e relazionati nella relazione tecnica allegata alla pratica edilizia. L’energia prodotta dovrà in maniera prevalente servire il vicino stabilimento per il funzionamento dello stesso, senza ricorrere all’uso di energia elettrica ENEL”.

3.1. - Orbene, non vi è dubbio che il rilascio di un titolo edilizio ha come unico presupposto la conformità di quanto l’interessato chiede di realizzare con lo strumento urbanistico vigente nel Comune e che eventuali clausole apposte al titolo stesso possono riguardare unicamente elementi coerenti col potere (edilizio/urbanistico) che il Comune con tale atto esercita.

Nel caso di specie (anche a prescindere dalla circostanza che si tratta di mero titolo in variante) il Comune non evidenzia - nell’atto - alcuna ragione di contrasto con la strumentazione urbanistica vigente (lo fa nelle proprie difese, ma infondatamente, dato che per sua stessa ammissione nella zona D4 - agroindustria di completamento - ove l’impianto ed il capannone destinato a contenere il C.D.R. sono siti, è pacificamente ammessa la realizzazione di tali manufatti “purchè siano rispettate le norme che regolano gli inquinamento del suolo, dell’abitato e dell’atmosfera”), con ciò ammettendone la realizzabilità. Le clausole limitative (o “prescrizioni” come recita l’atto in questione), inoltre, non riguardano propriamente il capannone all’esame, bensì l’impianto di cogenerazione di energia elettrica e vapore, il suo rapporto con lo stabilimento “Agroidea” e l’utilizzo dell’energia prodotta da tale impianto. Questioni - entrambe - eccentriche rispetto al provvedimento ed esorbitanti i poteri comunali in tema di rilascio di titoli edilizi. A tacer del fatto che la correlazione del cogeneratore con lo stabilimento “Agroidea” era già stata favorevolmente apprezzata in precedenza, così come l’utilizzo dell’energia prodotta, il cui eventuale surplus non è nella disponibilità del produttore, ma deve essere, per legge, ceduto all’ENEL (cfr. art. 22 , comma 3, della L. 9.1.91 n. 9).

In definitiva, il ricorso va accolto, con conseguente annullamento delle “prescrizioni” impugnate.

4. - Deve invece essere respinta la richiesta di risarcimento del danno, in quanto del tutto generica e sprovvista di qualsivoglia supporto probatorio.

5. - Le spese seguono la soccombenza; pertanto il Comune di Cologna Veneta viene condannato a rifondere alla ricorrente la totale somma di € 10.000,00 (diecimila/00) - al netto di IVA e c.p.a. - a titolo di spese e onorari di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, terza Sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto, annulla le contestate “prescrizioni”, apposte al permesso di costruire in variante n. 237/2000.

Condanna il soccombente Comune di Cologna Veneta a rifondere alla ricorrente, a titolo di spese e onorari di giudizio, la totale somma di € 10.000,00 (diecimila/00), al netto di IVA e c.p.a..

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia, nella Camera di Consiglio l’8.6.2006.