La regola d'arte: concetto

Normalmente sui capitolati speciali (spesso inclusi nelle descrizioni delle voci di computo metrico) nel "prescrivere" le lavorazioni da eseguire si cita "la regola dell'arte" o a "regola d'arte", anche se questa "dicitura" risulta contenuta in alcune leggi e/o regolamenti (ved. legge 186/'68), molte delle quali sono note (legge 46/90, legge 10/91, ...).

Riportare in leggi, regolamenti o capitolati l'indicazione a regola d'arte costituisce una vera e propria prescrizione per l'appaltatore. Questi, infatti, con il contratto assume una obbligazione del fare dal contenuto tecnico, che gli riconosce una autonomia non solo organizzativa (propria dell'imprenditore) bensì anche una discrezionalità tecnica al fine di poter adempiere con diligenza e perizia quanto commissionatogli (obbligazione di risultato).

Ne consegue che l'appaltatore, sempre che non venga ridotto a nudus minister o magister (cioè senza alcuna possibilità di vaglio critico e di iniziativa), deve possedere cognizioni specifiche adeguate alla natura dell'opera che si assume di eseguire, motivo per cui egli deve conformare la sua attività ad un complesso di norme, regole, capacità e cognizioni che costituiscono l'offerta della sua "specializzazione".

L'appaltatore, pertanto, non può ignorare "lo stadio dello sviluppo raggiunto in un determinato momento dalle capacità tecniche relative a prodotti, processi o servizi basati su scoperte scientifiche, tecnologiche e sperimentali pertinenti" (Così la norma UNI-CEI_EN 45020/'98).

In genere, però, l'appaltatore non è un "semplice esecutore" in quanto la sua discrezionalità tecnica viene limitata dal progetto e dai capitolati i cui contenuti soggiaciono ad un sistema di norme e regole.

La regola dell'arte è un concetto evolutivo, nel senso che si adegua continuamente al momento storico, e rifugge da definizioni puntuali (legali) per evitare proprio quella rigidità e datazione che la renderebbero anacronistica in breve tempo (sarebbe incapace di adeguarsi al progresso tecnologico e scientifico, oltre che culturale).

Si può senz'altro affermare che la regola dell'arte è un atto cogente perchè pone alcuni requisiti di carattere generale ed essenziale anche se non formulasse le prescrizioni attuative con cui questi requisiti devono essere soddisfatti; per cui quando prescritta o richiamata, la regola dell'arte va ricondotta a due categorie di concetti generali:

  1. la diligenza del "buon padre di famiglia" (Codice Civile);
  2. la condotta caratterizzata da diligenza, prudenza, perizia e osservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline (Codice Penale).

La legislazione recente (a partire dalla seconda metà degli anni 80), ci ha abituato a trovare richiami espliciti alla regola dell'arte o ad altri requisti essenziali (si dice che la nuova stagione legislativa risponda alla c.d. filosofia esigenziale-prestazionale in luogo di quella prescrittiva-oggettuale), rinviando o contenendo norme tecniche per così dire "riconosciute" (UNI, CEI,...) in quanto presuntivamente ritenute in grado di determinare applicazioni/esecuzuioni conformi ai requisiti cogenti (e tali da soddisfare gli interessi pubblici o di pubblica utiltà in tutela).

A questo punto si devono distinguere tre casi, ovvero quando la legge:

a) riporta una indicazione "generica" per riferirsi alla norma tecnica; in questo caso non la rende cogente, nella consapevolezza che la non univocità della norma può consentire l'esercizio di quella discrezionalità di scegliere altre soluzioni;

b) richiama specificatamente una norma tecnica, nel qual caso essa diventa parte del precetto (o dispositivo), ossia la sua applicazione è cogente;

c) è essa stessa una "norma tecnica" nel qual caso assume il nome di "regola tecnica" proprio in ragione del carattere cogente conferito.

Va ricordato che tutti i termini usati corrispondono a definizioni codificate in atti normativi/legislativi (es. il d.lgs 427/'00 in attuazione delle direttive comunitarie n. 34 3 n. 48 del 1998, la legge 317/86 in attuazione della direttiva 83/189/CEE, ..).

Le norme tecniche emanate dagli enti normatori riconosciuti, pur se dotate della presunzione di conformità, è ragionevole facciano parte del quadro di riferimento delle prescrizioni tecniche (imposte per garantire il soddisfacimento dei requisiti cogenti ed essenziali defininiti nel quadro normativo comunitario e nazionale). Del resto già l'art. 16 del regolamento attuativo della legge "Merloni", (il DPR 554/99), obbliga il progettista di opere pubbliche a:

in considerazione del fatto che viene riconosciuto, ai sensi dell'art. 25, comma 5-bis della legge Merloni, tra gli errori o omissioni di progettazione proprio "la mancata od erronea identificazione della normativa tecnica vincolante per la progettazione".

In conclusione le norme tecniche non sono cogenti laddove non siano esplicitamente richiamate, ma, in quanto dotate di quella presunzione di conformità, vanno considerate come una "interpretazione" referenziale e conosciuta della regola dell'arte, che conviene adottare per comodità e sicurezza, anche perchè potrebbero essere ritenute facenti parte del corpus disciplinare della nostra professione.

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