DL 40/2010 e progetto di legge di conversione n. 3350/2010

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Riflessioni in merito alle "liberalizzazioni": manutenzione straordinaria e ....?
di romolo balasso architetto

Come noto il decreto legge n. 40/2010 ha assunto notorietà per il fatto che ha liberalizzato gli interventi di manutenzione straordinaria non riguardanti le parti strutturali degli edifici, non comportanti aumento del numero delle unità immobiliari e non implicanti incrementi dei parametri urbanistici (superfici, volumi, altezze, ecc..).

Occorre premettere che gli interventi di manutenzione straordinaria sono così definiti dalla legge:

b) "interventi di manutenzione straordinaria", le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari e non comportino modifiche delle destinazioni di uso;

Una prima osservazione riguarda un possibile equivoco: quello che l'intervento di manutenzione straordinaria soggetto a DIA possa alterare i volumi e le superfici oltre che il numero delle unità immobiliari, alterazioni che, invece, non sarebbero ammesse nell'intervento liberalizzato; si tratta di una possibilità da escludere categoricamente in quanto tali interventi sono sempre inibiti in questa categoria di intervento.

Del decreto legge, forse, è sfuggito che sono stati liberalizzati anche:

h) le opere di pavimentazione e di finitura di spazi esterni, anche per aree di sosta, che siano contenute entro l'indice di permeabilità, ove stabilito dallo strumento urbanistico comunale.

l) le aree ludiche senza fini di lucro e gli elementi di arredo delle aree pertinenziali degli edifici.

ossia opere che finora sono state qualificate come “nuove costruzioni” (le pavimentazioni) in quanto producenti una trasformazione urbanistico-edilizia del territorio, quale bene tutelato dalla disciplina urbanistica e, in parte, da quella edilizia, ovvero opere comunque subordinate a DIA nel caso in cui gli arredi delle aree pertinenziali degli edifici consistevano in pergolati o pompeiane, caminetti ed altre strutture in sede fissa.

Alla pubblicazione del decreto legge c'è stata una sollevazione generale sia in senso favorevole che sfavorevole per svariati motivi di ordine generale o particolare.

Quel che a mio avviso preoccupa di più, invece, sono due aspetti:

  1. il primo che si è generata una convinzione generale che si siano liberalizzati gli interventi interni agli edifici, quelli che un tempo si qualificavano come “opere interne”, fatta esclusione per le parti strutturali;

  2. il secondo che non risulta chiaro cosa si debba intendere per interventi di manutenzione straordinaria riguardanti le parti strutturali.

In merito al primo punto occorre evidenziare che gli interventi di manutenzione si distinguono dagli altri in ragione della finalità e, soprattutto, per il fatto che non possono essere attuati mediante un insieme sistematico di opere, modalità, questa, propria degli altri interventi sugli edifici esistenti (restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia).

Pertanto l'intervento edilizio deve essere sempre valutato complessivamente posto che singole opere qualificantesi partitamente come manutenzione, qualora configurino un insieme sistematico l'intervento assume una qualificazione tecnico-giuridica diversa.

In merito al secondo punto, invece, non è dato conoscere se risulta vietato qualsiasi intervento sulle parti strutturali, intendendo per qualsiasi intervento anche la semplice realizzazione di un impianto tecnologico (esempio la realizzazione di una tubazione sottotraccia per l'impianto termo-idraulico e/o elettrico, oppure l'inserimento di canne fumarie o di ventilazione), oltre che la realizzazione o lo spostamento di fori (porte e/o nicchie), il loro ampliamento (orizzontale o verticale).

La precisazione diventa fondamentale con riguardo alla “resistenza” sismica degli edifici: come noto la concezione strutturale degli edifici deve rispondere a precise regole di “bilanciamento” delle masse e delle rigidezze: una muratura, conseguentemente, potrebbe anche non avere funzioni portanti in senso stretto, bensì la funzione di bilanciamento delle masse e delle rigidezze, al punto che, con riferimento a quest'ultimo parametro, la semplice realizzazione di una interruzione anche non riguardante l'intero spessore, comporta una modifica sostanziale delle rigidezze in gioco (l'inerzia è valutata come 1/12 bh3 – l'altezza si deve far notare che è al cubo!!!).

Parimenti non risulta chiaro cosa si debba intendere per opere di pavimentazione e di rifinitura degli spazi esterni, anche per aree di sosta, ossia se la diversa pavimentazione o rifinitura possa comportare o meno il cambio d'uso del suolo.

Altresì non risulta chiarito quali opere di arredo si dovranno intendere liberalizzate.

Le stesse considerazioni devono essere ripetute per il testo emendato dalla Commissione della Camera che ha licenziato un testo diverso da quello contenuto nel decreto legge (cfr. progetto di legge n. 3350/2010).

Nel testo modificato, la liberalizzazione degli interventi di manutenzione straordinaria e quelli di pavimentazione spariscono dal comma 1, per comparire al comma 2 riscritti nella loro “sostanza”.

Rispettivamente risultano così modificati:

a) gli interventi di manutenzione straordinaria di cui all'articolo 3, comma 1, lettera b), ivi compresa l'apertura di porte interne o lo spostamento di pareti interne, sempre che non riguardino le parti strutturali dell'edificio, non comportino aumento del numero delle unità immobiliari e non implichino incremento dei parametri urbanistici;

c) le opere di pavimentazione e di finitura di spazi esterni, anche per aree di sosta, che siano contenute entro l'indice di permeabilità, ove stabilito dallo strumento urbanistico comunale, ivi compresa la realizzazione di intercapedini interamente interrate e non accessibili, vasche di raccolta delle acque, locali tombati;

e) le aree ludiche senza fini di lucro e gli elementi di arredo delle aree pertinenziali degli edifici.

Solo per gli interventi di manutenzione straordinaria è richiesta una relazione tecnica, a firma di un tecnico abilitato, provvista di data certa e corredata dagli opportuni elaborati progettuali, a firma di un tecnico abilitato, il quale dichiari preliminarmente di non avere rapporti di dipendenza con l'impresa né con il committente e che asseveri, sotto la propria responsabilità, che i lavori sono conformi agli strumenti urbanistici approvati e ai regolamenti edilizi vigenti e che per essi la normativa statale e regionale non prevede il rilascio di un titolo abilitativo.

Ora non è chiaro cosa si debba intendere per “rapporti di dipendenza” specie con il committente, considerato che il professionista sarà necessariamente incaricato dal committente, quindi sarà un suo fiduciario. Appare ragionevole che imprese e committenti non possono incaricare della relazione un proprio dipendente inteso come “a libro paga”, ma ben potrebbero sussistere altre forme di subordinazione se l'intento è quello di un giudizio obiettivo. Del resto nel mercato, a fronte delle ristrettezze causate dalla crisi, ci sarà sempre un professionista disponibile ad assumere rischi più elevati.

Due sono gli aspetti di rilievo per quanto concerne gli interventi di manutenzione straordinaria:

  • nell'intervento di manutenzione straordinaria si comprendo anche l'apertura di porte interne e lo spostamento di pareti interne a condizione che non riguardino parti strutturali dell'edificio (quindi anche murature di controventamento e di bilanciamento, per seguire le osservazioni della prima parte della presente relazione), e non implichino l'incremento dei parametri urbanistici: ora sembra pacifico escludere dai parametri urbanistici le superfici minime dei locali e i requisiti areo-illuminanti propri dei regolamenti d'igiene (cfr. dm 5-7-75).

  • L'asseverazione professionale, come si potrà notare, appare diversa da quella prevista per la DIA in quanto il professionista non deve asseverare “il rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienico-sanitarie”,ovvero proprio di quegli elementi che, invece, meriterebbeo un controllo qualificato, posto che, diversamente, sarebbe difficile comprendere la “semplificazione” perseguita dal legislatore.

Altra osservazione riguarda l'estensione degli interventi liberalizzati alla realizzazione di intercapedini interamente interrate e non accessibili, vasche di raccolta delle acque, locali tombati.

Cosa si dovrà intendere per “locali tombati”? Saranno i locali interrati in ampliamento o ex novo?

In questa fase si ritiene opportuno sospendere ogni considerazione in merito.

Ultima riflessione riguarda gli aspetti relativi alla vigilanza sull'attività urbanistico-edilizia: a quanto pare gli interventi liberalizzati, ancorché subordinati a comunicazione, non sono stati subordinati ad alcun regime sanzionatorio. Ciò induce a ritenere che risultano sottratti dal regime sanzionatorio di cui all'art. 37 o 36 (a seconda dei casi) del testo unico edilizia anche gli interventi già posti in essere abusivamente; come dire che non risulteranno sanzionabili neppure la realizzazione di pavimentazioni e rifiniture esterne in quanto opere che sembrano addirittura depenalizzate.

Si ritiene concludere con le seguenti considerazioni: è da valutare positivamente ogni iniziativa finalizzata a semplificare, nel rispetto delle tutele pubblicistiche, specialmente con riferimento alla salvaguardia dell'incolumità pubblica e del territorio, l'esercizio di diritti fondamentali quali lo jus utendi, riconducibili ad interventi non incidenti sul c.d. “carico urbanistico” e su altri interessi rilevanti. Risulta però fondamentale offrire all'uditorio strumenti certi per comprendere appieno i confini entro i quali opera la semplificazione; in caso contrario si rischierebbe, forse, di indurre in errore o di alimentare forme elusive alla legge.

data documento:
11-5-2010
file:
fonte:
Tecnojus