L.R. 11/2004 - art. 44, comma 5: ampliamento fino a 800 mc

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Riflessioni in merito alla disposizione regionale
di romolo balasso architetto

L'ampliamento degli edifici residenziali in zona agricola, fino ad un massimo di 800 mc compreso il volume esistente, ancora fa discutere gli addetti ai lavori in seguito alla nota della Direzione Affari Legislativi della regione, a firma della dirigente, secondo la quale la volontà del legislatore veneto non è quella data dalle sentenze TAR Veneto n. 1353/09 e Consiglio di Stato (a conferma) n. 798/10: gli ampliamenti fino a 800 mc sarebbero "liberalizzati" dai vincoli oggettivi e soggettivi propri delle zone agricole, così com'era nella l.r. 58/78 e l.r. 24/85.

Un saggio giuridico reperibile in siti giuridici d'ambito regionale, a firma dell'avv. Stefano Bigolaro, oltre ad affrontare la questione delle norme transitorie poste dall'articolo 48 della l.r. 11/04, bene argomenta l'intera vicenda auspicando l'intervento del legislatore regionale (il quale dovrà dimostrare coerenza con le proprie scelte di principio). Nel frattempo, giustamente, ritiene che la prudenza sia d'obbligo per il diverso valore che hanno due sentenze autorevoli rispetto a delle note interne.

Il problema che pone l'avv. Bigolaro non è di poco conto: il legislatore regionale è chiamato ad intervenire nella questione e lo dovrà fare in coerenza con i propri principi. Ci dovrà dire, presumo, se le zone agricole sono territori di tutela tali da meritare la loro inclusione nella legge urbanistica, e quindi con edificabilità esclusiva (a favore dei requisiti oggettivi e soggettivi), oppure se la tutela ammette la "libertà" degli ampliamenti in parola.

Va detto che da molto tempo la legge regionale 24/85 era criticata proprio per il fatto che consentiva l'inurbamento delle campagne nonostante le dichiarate finalità di salvaguardia.

Ora, pensare che il legislatore veneto, con la revisione della disciplina e la sua inclusione proprio in una legge urbanistica, abbia inteso incentivare l'ampliamento fino a 800 mc sembra poco probabile, sul piano del principio, addirittura togliendo il "vincolo/requisito" presente nella precednete l.r. 24/85 della residenza stabilmente abitata almeno da 7 anni.

Anche i PAT e i PI non avranno compito facile in materia, stante la delicatezza dell'argomento, specie in questi periodi di "magra": del resto è risaputo che le norme in parola, e cioè il comma 5 dell'art. 44 della l.r. 11/04 (così come il precedente art. 4 della l.r. 24/85), "letteralmente" non disciplina affatto un ampliamento una tantum con tanto di registro fondiario, bensì un ampliamento che potrebbe essere una semper.

Gli aspetti in emersione e meritevoli di approfondimento sono pertanto molteplici, tra questi credo occupino un posto di primo piano il concetto di ampliamento a quello di tutela. Quanto segue sono degli spunti di riflessione in merito a tali due concetti, con riserva di ripredere gli argomenti posti in modo più dettagliato.

Se ogni norma assoggetta a regola una finalità da perseguire, sulla finalità credo non vi siano ombre di dubbio: è la tutela.

Tutte le regole, pertanto, sono (o dovrebbero) essere strumentali al fine perseguito: le regole, conseguentemente, devono essere coerenti e congruenti con il fine (pena la discrasia).

Ma quale tutela viene perseguita dal legislatore veneto?

La tutela delle zone agricole venete, a mio parere, non è da confondere come la preservazione del paesaggio agricolo o di un ambiente particolare, perchè assume un connotato proprio, sicuramente complesso per le implicazioni socio-economiche e culturali che pone e determina, e che possono anche includere gli aspetti paesaggistici ed ambientali.

L'esperienza della l.r. 24/85 ha insegnato che (almeno in teoria) le zone agricole sono zone produttive "primarie" che hanno nel terreno coltivabile il bene principale (e che non può essere riprodotto a strati all'interno di capannoni - almeno finora). La sottozonizzazione agronomica aveva infatti il compito di qualificare il terriotorio agricolo almeno in due direzioni: vocazione produttiva propria e quella collegata all'azienda agricola "vitale".

La tutela andrebe dunque intesa non in senso vincolistico bensì funzionale: nelle zone agricole, in quanto tale, gli interventi devono essere in funzione dell'attività agricola e, quindi, di chi quella terra la lavora.

La coltivazione del terreno agricolo, inoltre, produce salvaguardia di un territorio sul quale si stratifica una particolare storia antropologica, quindi paesaggistica e culturale, oltre che ambientale.

La coltivazione agricola dei terreni dovrà necessariamente disporre dei beni strumentali tra i quali includere la residenza (intesa come funzione): questa dovrà essere opportunamente proporzionata con le esigenze della coltivazione stessa. In questo caso ampliamento assumerebbe un duplice significato: quello di estensione della funzione residenziale, per adeguarla alla necessità del fondo e quindi dell'attività esercitata, e quello di modalità costruttiva per evitare "spreco" di suolo produttivo, preferendo sopraelevazioni o altre forme di "addizione" di volumi residenziali.

Per coloro i quali si ritrovano ad abitare in zona agricola ma senza alcun legame produttivo con la stessa, le cose protrebbero essere diverse; infatti anche questi "soggetti" sembrano conservare il diritto di migliorare la propria posizione abitativa sotto il profilo funzionale ed igienico sanitario, pur senza trasformare la zona agricola in una pseudo zona residenziale.

Forse in questi casi l'ampliamento assume un connotato molto ristretto di modalità costruttiva da contingentare con strumenti normativi.

In altri termini occorrerà che i normatori trovino il modo di evitare elusioni (o trucchetti del tipo fraziono ed amplio, amplio e fraziono).

data documento:
8-5-2010
file:
fonte:
Tecnojus