Decreto legge approvato nel CdM n, 87 del 19-3-2010

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Come si qualifica la Manutenzione straordinaria?
di romolo balasso architetto

Nel CdM del 19 marzo è previsto che la manutenzione straordinaria rientri tra le attività edilizie libere (art. 6 del testo unico edilizia), comportanto un sollevamento degli ordini professionali per gli effetti che potrebbero derivare.

Le professioni sostengono che la liberalizzazione farà mancare ogni forma di controllo, prima sussistente a mezzo della DIA e quindi dell'assunzione di responsabilità da parte di un progettista asseverante, controllo necessario per garantire il rispetto dei requisiti essenziali previsti nell'ordinamento, segnatamente quello statico e quello igienico-sanitario (sul punto giova ricordare il rapporto Censis del 1999 sulla vulnerabilità del patrimonio edilizio, secondo il quale 3.375.000 abitazioni sarebbero a rischio statico).

I sostenitori, invece, si presume ritengano che l'intervento liberalizzato abbia una portata minore e tale da non creare particolari allarmismi.

Si ritiene allora opportuno richiamare la definizione dell'intervento contenuta nel testo unico edilizia e, a seguire, svolgere un commento:

b) "interventi di manutenzione straordinaria", le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari e non comportino modifiche delle destinazioni di uso.

La qualificazione tecnico-giuridica degli interventi edilizi, come noto, costituisce da sempre un ambito connotato da incertezza, dove spesso il confine tra una categoria di intervento e l'altra è molto sottile.

E' questo il caso della Manutenzione Straordinaria e la ridefinizione, sdoppiata, dell'intervento di Ristrutturazione Edilizia, dopo la scomparsa delle "Opere Interne" di cui all'art. 26 della legge 47/85, ad opera del testo unico edilizia, anche se, per il vero, la maggior confusione dovrebbe sussistere tra categorie di interventi omogenee, ovvero tra interventi conservativi ed interventi modificativi/trasformativi, tra interventi realizzabili con singole opere ed altri con un insieme sistematico di opere.

Per quanto si intuisce dai commenti sorti in merito, la questione che si presenta riguarda gli interventi riconducibili, quindi ammissibili, all'interno della categoria della Manutenzione Straordinaria, soprattutto in ragione della prevista possibilità di introdurre modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali, ovvero realizzare interventi sostanziali in assenza di un controllo professionale.

Per altri versi è possibile dire che l'interrogativo riguarda la possibilità o meno di ricomprendere nella manutenzione straordinaria lo spostamento dei tramezzi interni, l'apertura di varchi sulle strutture portanti ed altre opere incidenti sulla statica dell'immobile e/o sulle condizioni igienico-sanitarie (dimensione minima dei locali, rapporti aero-illuminanti, ecc.).

Tale interrogativo pare nasca dal fatto che c'è stato un momento storico nel quale si sono fatti rientrare nella manutenzione straordinaria gli interventi relativi allo spostamento delle tramezzature, tipo di intervento che potrebbe essere non più attuale, e cioè ammissibile dopo le riforme normative.

Si deve premettere che la manutenzione straordinaria si differenzia dagli altri interventi modificativi degli edifici esistenti in ragione di due fattori:

  • finalità dell'intervento: deve essere di tipo conservativo e non anche trasformativo; consegue che il concetto di "modifiche" va contenuto entro limiti molto ristretti;
  • modalità di intervento: questa non può sostanziare ovvero determinare un insieme sistematico di opere, proprio del restauro e risanamento conservativo ovvero, se le finalità fossero trasformative, della ristrutturazione edilizia c.d. "minore".

Occorre all'uopo rammentare che il testo unico edilizia, come ci ricorda sovente la giurisprudenza, ha comportato lo sdoppiamento dell'intervento di ristrutturazione edilizia: quella subordinata a permesso di costruire e quella subordinata a DIA.

Quest'ultima, ritenuta di portata minore, è quella che determina una semplice modifica dell'ordine in cui sono disposte le diverse parti che compongono la costruzione, in modo che, pur risultando complessivamente innovata, questa conserva la sua iniziale consistenza urbanistica (diverse da quelle, descritte nell'art. 10, 1° comma - lett. c, che possono incidere sul carico urbanistico) [cfr. Cass. Pen. 20776/06].

Possiamo dire, pertanto, che tutti gli interventi riconducibili ad un insieme sistematico di opere incidenti sull'ordine in cui sono disposte le diverse parti che compongono la costruzione, vanno qualificati di ristrutturazione edilizia di portata minore, ovvero di restauro e risanamento conservativo, ma non mai di manutenzione straordinaria.

Danno luogo a manutenzione strardinaria, dunque, opere non costituenti un insieme sistematico effettuate nel rispetto degli elementi tipologici, strutturali e formali nella loro orginaria edificazione (Cass. Pen. n. 15054/2007), esclusivamente non incidenti sulla volumetria e sulla destinazione d'uso, ben potendo comportare la demolizione ricostruzione di pareti divisorie, di pavimenti o di servizi igienici (TAR Lazio, Roma, sez. II Ter, 7509/2009 che ricomprende addirittura la realizzazione di scale interne).

Tuttavia "Per qualificare un intervento come ristrutturazione edilizia è sufficiente che risultino modificati la distribuzione della superficie interna e dei volumi dell'edificio ovvero l'ordine in cui risultavano disposte le diverse porzioni dello stesso per il solo fine di rendere più agevole la destinazione d'uso esistente, sussistendo in questi casi un rinnovo degli elementi costitutivi dell'edificio ed un'alterazione dell'originaria fisionomia e consistenza fisica dell'immobile, incompatibili con i concetti di manutenzione straordinaria e di risanamento conservativo, che presuppongono invece la realizzazione di opere che lascino inalterata la struttura dell'edificio e la distribuzione interna della sua superficie (cfr. T.A.R. Molise Campobasso, sez. I, 27 marzo 2009, n. 99)." [TAR Lombardia, Milano, 17.12.2009 n. 5569].

Tuttavia il TAR del Lazio, sezione di Latina, con sentenza n. 5 del 12 gennaio 2010, ritorna sulla qualificazione dell'intervento di manutenzione straordinaria asserendo che "il Collegio osserva nondimeno, facendo richiamo ad un consolidato indirizzo giurisprudenziale, che: "gli interventi edilizi che alterino, anche sotto il profilo della distribuzione interna, l'originaria consistenza fisica di un immobile e comportino altresì l'inserimento di nuovi impianti e la modifica e ridistribuzione dei volumi, non si configurano nè come manutenzione straordinaria, nè come restauro o risanamento conservativo, ma rientrano nell'ambito della ristrutturazione ex art. 31, lett. d), l. n. 457 del 1978" (Consiglio di Stato, sez. V, dicembre 1996, n. 1551)".

Rimane ora la questione "controllo" il cui venir meno con la liberalizzazione dell'intervento inciderebbe sui rilevanti interessi in tutela sottesi proprio nell'attività di controllo ex ante; sul punto si ritiene di concordare sulla opportunità, stante la pregnanza ribadita dalle norme tecniche per le costruzioni sull'interesse tutelato dalle stesse, e cioè l'incolumità pubblica, di non liberalizzare le modifiche riguardanti le strutture; nella fattispecie si tratterebbe di sostituire la DIA con una semplice comunicazione.

Con riserva di intervenire ulteriormente in argomento, anche mutando i commenti esposti.

data documento:

23-03-2010

agg. 24-09-2010

file: sent. TAR MI
fonte: