Ingiunzione di demolizione dell'abuso - istanza di accertamento ex art. 36 TUED - effetti
di romolo balasso architetto

La vicenda: l'architetto del comune ingiunge la demolizione di un'opera abusiva, palesemente non "sanabile", emessa ai sensi e per gli effetti del combinato disposto dell'art. 27 e art. 31 del testo unico edilizia. All'89 giorno l'interessato presenta istanza di accertamento ai sensi dell'articolo 36 del medesimo, istanza destinata dunque ad essere respinta. Per il proseguo del procedimento di vigilanza il comandante della Polizia Locale, diversamente dall'intendimento dell'architetto (secondo cui l'ingiunzione rimane solo sospesa), asserisce sulla necessità di nuova ingiunzione la quale, di conseguenza, farebbe ripartire il termine di 90 giorni. Chi ha ragione, l'architetto o il comandante della Polizia Locale?

Come noto il testo unico edilizia non affronta la questione relativa all'efficacia dell'ingiunzione alla demolizione di opere abusive al succedere di particolari eventi, quali quello dell'accertamento di conformità.

Fa eccezione in proposito la disposizione dell'articolo 45, comma 1, secondo la quale "L'azione penale relativa alle violazioni edilizie rimane sospesa finché non siano stati esauriti i procedimenti amministrativi di sanatoria di cui all’articolo 36".

Come si vede è l'azione penale che rimane sospesa in esito dell'esaurimento del procedimento amministrativo di cui all'articolo 36 e non anche quello amministrativo; il solo riferimento all'azione penale trova ratio sul fatto che l'articolo ha come oggetto specifico "norme relative all'azione penale".

Sul versante amministrativo, non esistendo una norma specifica analoga, diventa d'obbligo la ricerca di indirizzi giurisprudenziali.

Sul punto occorre distinguere almeno tre casi:

  • la richiesta di accertamento di conformità è presentata durante il procedimento avviato per emettere l'ingiunzione di demolizione;
  • la richiesta di accertamento di conformità è presenta dopo la notifica dell'ingiunzione di demolizione;
  • l'ingiunzione della demolizione viene notificato durante il procedimento, avviato, di accertamento di conformità (questo caso potrebbe ritenersi una sorta di "continuazione" del primo).

In merito all'ultima questione, il TAR dell'Emilia Romagna (Parma), sezione I, con sentenza 9 giugno 2009 n. 440, ribadisce che "Per costante giurisprudenza, infatti, è illegittima l’ordinanza di demolizione di opere abusive ove l’Amministrazione non si sia prima pronunciata sull’istanza di sanatoria in precedenza presentata dall’interessato (v., ex multis, TAR Puglia, Lecce, Sez. III, 7 luglio 2008 n. 2056)".

Con riferimento al primo caso, invece, sembra ragionevole presumere, con riferimento al principio giurisprudenziale ribadito dal TAR Parma, che il procedimento avviato rimanga sospeso fino all'esito dell'accertamento, e ciò per evitare di concludere con un provvedimento (l'ingiunzione) in pendenza dell'accertamento che, come visto, è ritenuto illegittimo.

Diversa appare la questione relativa al secondo punto. Un TAR Toscana, sezione III, del 3 aprile 2007 n. 550, asserisce che "è orientamento consolidato di questo e altri TAR (TA.R. Toscana, III, 17.2.06 n. 470; Campania, VI, 7.7.05 n. 9395; 1.3.05 n. 1407; 16.12.04 n. 19171; Basilicata, 20.12.04 n. 823; 17.7.02 n. 519; ecc.) che la presentazione di domanda di sanatoria in pendenza di giudizio sull'ingiunzione di demolizione ed atti eventuali conseguenziali rende tale giudizio improcedibile in quanto l'esito della domanda o è positivo e l'interesse della parte ricorrente è soddisfatto oppure la domanda ha esito negativo ma l'Amministrazione ha l'obbligo di rideterminarsi con una nuova sanzione che sostituisce quella impugnata. In ogni caso quindi l'interesse all'impugnativa viene meno. In definitiva il ricorso deve essere dichiarato improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse".

Il TAR pur argomentando gli effetti di procedibilità o meno di un ricorso in pendenza di un procedimento di sanatoria, sembra aver enucleato il principio secondo cui l'ingiunzione di demolizione perde la sua efficacia qualora l'interessato presenta una domanda di sanatoria, azione che farebbe "decadere" l'efficacia dell'ingiunzione precedentemente emessa, in quanto sanzione amministrativa, tanto da costringere il Comune ad emetterne una nuova, facendo quindi ripartire i termini.

Va osservato, però, che il TAR Toscana si riferisce ad una sanatoria per condono edilizio e non ad un accertamento di conformità, ossia ad una procedura speciale che aveva anche regole speciali (si pensi all'art. 38 della legge 47/85 - sospensione di qualsivoglia sanzione amministrativa in pendenza della procedura per il nuovo condono edilizio).

Questione diversa sembra essere, invece, quella riferibile all'accertamento di conformità di cui all'articolo 36 (che richiede la c.d. doppia conformità urbanistico-edilizia), ciò anche al fine, come sostiene giustamente l'architetto del comune, di evitare azioni dilatorie e pretestuose (in proposito potrebbe risultare utile riferirsi ad analoghi principi, relativi a comportamenti processuali dilatori, affrontati dalle SS.UU. di Cassazione Civile n. 3058 del 9 febbraio 2009).

Sul secondo punto, però, la giurisprudenza non sembra concorde; in proposito si ritengono maggiormente convincenti le argomentazioni adotte dal TAR Campania, Napoli, sezione II, nella sentenza 14 settembre 2009, n. 4961, specialmente laddove le richieste di accertamento avessero mero fine pretestuoso e dilatorio delle conseguenze determinantesi per inottemperanza.

Pur non ignorando l’esistenza di un indirizzo ermeneutico di segno contrario, la Sezione condivide l’orientamento giurisprudenziale – già ripetutamente applicato (cfr. Tar Campania Sez. II n. 9757 del 19.10.2007, n. 8345/2007, n.10128/2004, n.816/2005) – secondo cui la validità ovvero l’efficacia dell’ordine di demolizione non risultano pregiudicate, con la pretesa automaticità, dalla successiva presentazione di un’istanza ex art. 36 del d.p.r. 380/2001.

Sul punto, mette conto evidenziare che nel sistema non è rinvenibile una previsione dalla quale possa desumersi un tale effetto, sicché, se, da un lato, la presentazione dell’istanza ex art. 36 D.P.R. 380/2001 determina inevitabilmente un arresto dell’efficacia dell’ordine di demolizione, all’evidente fine di evitare, in caso di accoglimento dell’istanza, la demolizione di un’opera che, pur realizzata in assenza o difformità dal permesso di costruire, è conforme alla strumentazione urbanistica vigente, dall’altro, occorre ritenere che l’efficacia dell’atto sanzionatorio sia soltanto sospesa, cioè che l’atto sia posto in uno stato di temporanea quiescenza.

All’esito del procedimento di sanatoria, in caso di accoglimento dell’istanza, l’ordine di demolizione rimarrà privo di effetti in ragione dell’accertata conformità dell’intervento alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso sia al momento della presentazione della domanda, con conseguente venir meno dell’originario carattere abusivo dell’opera realizzata.

Di contro, in caso di rigetto dell’istanza, l’ordine di demolizione a suo tempo adottato riacquista la sua efficacia, che non era definitivamente cessata, bensì era rimasta solo sospesa in attesa della conclusione del nuovo iter procedimentale, con la sola precisazione che il termine concesso per l’esecuzione spontanea della demolizione deve decorrere dal momento in cui il diniego di sanatoria perviene a conoscenza dell’interessato, che non può rimanere pregiudicato dall’avere esercitato una facoltà di legge, quale quella di chiedere l’accertamento di conformità urbanistica, e deve pertanto poter fruire dell’intero termine a lui assegnato per adeguarsi all’ordine, evitando così le conseguenze negative connesse alla mancata esecuzione dello stesso.

In sostanza, considerato che il procedimento di verifica della compatibilità urbanistica dell’opera avviato ad istanza di parte è un procedimento del tutto autonomo e differente dal precedente procedimento sanzionatorio avviato d’ufficio e conclusosi con l’ordinanza di demolizione dell’opera eseguita in assenza o difformità del titolo abilitativo, il Collegio ritiene che non sussista motivo per imporre all’amministrazione comunale il riesercizio del potere sanzionatorio a seguito dell’esito negativo del procedimento di accertamento di conformità urbanistica, atteso che il provvedimento di demolizione costituisce un atto vincolato a suo tempo adottato in esito ad un procedimento amministrativo sul quale non interferisce l’eventuale conclusione negativa del procedimento ad istanza di parte ex art. 36 D.P.R. 380/2001.

Un nuovo procedimento sanzionatorio, infatti, si rivelerebbe, in assenza di un’espressa previsione legislativa, un’inutile ed antieconomica duplicazione dell’agere amministrativo (cfr. anche Tar Campania, Sezione III, n. 10369/06).

In applicazione dei suddetti principi, deve concludersi, tornando al caso in esame, che la validità e l’efficacia dell’originario titolo ingiuntivo (id est ordinanza di demolizione n. 12/2004) – anche per effetto della definizione con provvedimento negativo del procedimento di sanatoria - restano definitivamente consolidate ed il predetto provvedimento monitorio vale definitivamente a conformare la posizione del ricorrente.

In altri termini, si riespande la valenza precettiva dell’ordine di demolizione i cui effetti, quanto ai successivi sviluppi, restano direttamente governati dalla disciplina di settore (cfr. art. 31 del testo unico sull’edilizia).

Sul piano delle conseguenze, una prima possibilità è legata ad eventuali iniziative collaborative assunte dallo stesso soggetto intimato che potrebbe spontaneamente adempiere all’ordine di demolizione.

Secondo quanto già sopra anticipato, in siffatta evenienza, il termine concesso per l’esecuzione spontanea della demolizione (pari a novanta giorni) è direttamente fissato dalla legge e deve decorrere dal momento in cui il diniego di sanatoria perviene a conoscenza dell’interessato, che non può rimanere pregiudicato dall’avere esercitato una facoltà di legge, quale quella di chiedere l’accertamento di conformità urbanistica, e deve pertanto poter fruire dell’intero termine a lui assegnato per adeguarsi all’ordine, evitando così le conseguenze negative connesse alla mancata esecuzione dello stesso.

In mancanza, e cioè nell’ipotesi di perdurante inadempienza del soggetto intimato (protratta oltre il divisato termine di legge), si innesterà su quello originario un nuovo procedimento sanzionatorio che condurrà, rispetto alle più gravi fattispecie d’abuso, all’esecuzione di misure ablatorie, con conseguente acquisizione al patrimonio comunale delle opere abusive e della relativa area di sedime.

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7-06-2010
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