TAR Lombardia, Milano, 26 luglio 2012, n. 2099

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nozione di carico urbanistico - lo determina anche un wc? Forse occorre un riordino concettuale.
di romolo balasso architetto

Con la sentenza in evidenza, il Giudice Amministrativo ritiene che la realizzazione di un minor volume nel sedime di edificio preesistente e il suo utilizzo ad ufficio, vieppiù con la realizzazione di un servizio igienico, in luogo del precedente uso a magazzino, determini un aumento del carico urbanistico anche se la categoria funzionale rimane produttiva:

Infatti, pur essendo come il precedente fabbricato al servizio dell’attività svolta dalla ricorrente, tuttavia, a differenza di questo, è destinato a svolgere le funzioni di ufficio e spogliatoio ed è dotato di servizio igienico, con il conseguente naturale e ordinario stazionamento di persone al suo interno. E’ pacifico che il precedente fabbricato era costituito da un ripostiglio e da una tettoia coperta che, ordinariamente, hanno una funzione diversa rispetto a quella scaturente dalla posa del nuovo prefabbricato, in precedenza descritta.

Di conseguenza, pur in presenza di un carico strutturale inferiore al passato, la nuova struttura conferisce un maggior carico urbanistico – anche in ragione dell’installazione di un servizio igienico – e ...(omissis)

Nota: la sentenza ha introdotto un nuovo carico: quello strutturale!!

Ampiamente noto che il "carico urbanistico" non è un elemento definito normativamente, almeno a livello nazionale (cfr. TAR Lombardia, MI, IV, 8.9.2010, n. 5168); il testo unico edilizia, infatti, si limita a consentire alle regioni di individuare con legge ulteriori interventi che, in relazione all'incidenza sul territorio e sul carico urbanistico, sono sottoposti al preventivo rilascio del permesso di costruire (cfr. art. 10, comma 3).

Dalla suddetta disposizione pare dover intendere che "incidenza sul territorio" e "carico urbanistico" siano locuzioni con significato differente.

Del resto sia in dottrina che in giurisprudenza vengono usate diverse espressioni idiomatiche per le quali non sempre è dato di capire se sono usate per esprimere concetti distinti oppure se sono usate come sinonimi.

Si tratta di sintagmi del tipo:

Per la S.C. di Cassazione Penale, "Il concetto di carico urbanistico appare meritevole di attento approfondimento.

Questa nozione deriva dall'osservazione che ogni insediamento umano è costituito da un elemento cosiddetto primario (abitazioni, uffici, opifici, negozi) e da uno secondario di servizio (opere pubbliche in genere, uffici pubblici, parchi, strade, fognature, elettrificazione, servizio idrico, condutture di erogazione del gas) che deve essere proporzionato all'insediamento primario ossia al numero degli abitanti insediati ed alle caratteristiche dell'attività da costoro svolte.

Quindi, il carico urbanistico è l'effetto che viene prodotto dall'insediamento primario come domanda di strutture ed opere collettive, in dipendenza del numero delle persone insediate su di un determinato territorio.

Si tratta di un concetto non definito dalla vigente legislazione, ma che è in concreto preso in considerazione in vari standards urbanistici di cui al decreto ministeriale 1444/68 che richiedono l'inclusione, nella formazione degli strumenti urbanistici, di dotazioni minime di spazi pubblici per abitante a seconda delle varie zone;

b) nella sottoposizione a concessione e, quindi, a contributo sia di urbanizzazione che sul costo di produzione, delle superfici utili degli edifici, in quanto comportino la costituzione di nuovi vani capaci di produrre nuovo insediamento;

c) nel parallelo esonero da contributo di quelle opere che non comportano nuovo insediamento, come le opere di urbanizzazione o le opere soggette ad autorizzazione;

d) nell'esonero da ogni autorizzazione e perciò da ogni contributo per le opere interne (art. 26 legge 47/1985 e art. 4 comma 7 legge 493/93) che non comportano la creazione di nuove superfici utili, ferma restando la destinazione dell'immobile;

e) nell'esonero da sanzioni penali delle opere che non costituiscono nuovo o diverso carico urbanistico (art. 10 legge 47/1985 e art. 4 legge 493/93)" (così Corte di cassazione, Sezioni unite penali, 20.3.2003, n. 12878, ribadito in Cass. Pen., Sez. III, 5.10.2011, n. 36104 e in Cass. Pen., Sez. III, 10.1.2012, n. 189).

Per la Giustizia Amministrativa il carico urbanistico viene considerato, di norma, in correlazione con l'imposizione del contributo di costruzione, ovvero della quota relativa alle opere di urbanizzazione:

"La giurisprudenza di questo Consesso ha già chiarito che il generale principio di correlare gli oneri di urbanizzazione al carico urbanistico, la ristrutturazione edilizia comporta tale dovere allorchè sussista tale carico, che va riscontrato anche in caso di divisione e frazionamento di immobile che da uno si trasforma in due unità, con distinti ingressi e servizi (così Consiglio di Stato, IV, 29 aprile 2004, n.2611; per esempio, nel senso che in caso di mutamento di destinazione d' uso siano dovuti gli oneri concessori, Consiglio Stato , sez. IV, 28 luglio 2005 , n. 4014).

Anche in tale ipotesi, consistente nella divisione e frazionamento di una unità immobiliare in due o più unità, stante l’autonoma utilizzabilità delle stesse, si realizza un aumento dell’impatto sul territorio e sono dovuti i relativi oneri.

...

Ai fini dell'insorgenza dell'obbligo di corresponsione degli oneri concessori, è rilevante il verificarsi di un maggior carico urbanistico quale effetto dell'intervento edilizio, sicché non è neanche necessario che la ristrutturazione interessi globalmente l'edificio - con variazioni riguardanti nella loro interezza le parti esterne ed interne del fabbricato - ma è soltanto sufficiente che ne risulti comunque mutata la realtà strutturale e la fruibilità urbanistica, con oneri conseguentemente riferiti all'oggettiva rivalutazione dell'immobile e funzionali a sopportare l'aggiuntivo carico «socio - economico » che l'attività edilizia comporta, anche quando l'incremento dell'impatto sul territorio consegua solo a marginali lavori dovuti ad una divisione o frazionamento dell'immobile in due unità o fra due o più proprietari" (cfr. CdS, IV, 17.5.2012, n. 2838).

Tuttavia, è stato deciso che "L'entità degli oneri di urbanizzazione è correlata alla variazione del carico urbanistico, sicché è ben possibile che un intervento di ristrutturazione mediante demolizione e ricostruzione possa comportare aggravi di carico urbanistico identici a quelli derivanti da nuove costruzioni. Un intervento di ristrutturazione globale di un edificio, attuato mediante demolizione e ricostruzione porta, invero, alla realizzazione di un organismo edilizio sostanzialmente nuovo: non appare quindi illogico ritenere che un intervento così radicale determini, di regola, un incremento del carico urbanistico pari a quello legato alla realizzazione di una nuova costruzione. La ristrutturazione con demolizione e ricostruzione, invero, ha, di regola, ad oggetto immobili che versano in condizioni tali da consentirne un utilizzo nullo o, comunque, ridotto rispetto a quello che verrà posto in essere in conseguenza dell’intervento edilizio. A ciò si aggiunga il rilievo che, di regola, l’edificio che viene demolito per la sua vetustà non ha comportato, proprio per l’epoca in cui è stato realizzato, alcuna contribuzione in termini di opere di urbanizzazione, a fronte di un’innegabile incidenza sul carico urbanistico. L’equiparazione delle tariffe dovute per gli interventi di ristrutturazione mediante demolizione e ricostruzione a quelle previste per le nuove costruzioni non è, dunque, irragionevole, tanto è vero che la giurisprudenza ha, persino, ritenuto che il contributo per oneri di urbanizzazione, in caso di ristrutturazione del patrimonio edilizio, potrebbe essere maggiore a quello dovuto per la realizzazione di nuove costruzioni (Cons. Stato, sez. V, 27 settembre 1990, n. 692 che ha affermato la legittimità di una deliberazione regionale con la quale l'intervento di ristrutturazione che comporti un aumento delle abitazioni, sia assoggettato ad un maggior pagamento a titolo di oneri di urbanizzazione rispetto ad una nuova edificazione, tenuto conto che il costo delle opere di urbanizzazione può essere maggiore nel primo caso)" (cfr. TAR Lombardia, MI, II, 23.7.2009, n. 4455).

Risulta altresì precisato che "il contributo per oneri di urbanizzazione è un corrispettivo di diritto pubblico, di natura non tributaria, posto a carico del costruttore a titolo di partecipazione ai costi delle opere di urbanizzazione in proporzione all’insieme dei benefici che la nuova costruzione ne ritrae (cfr. per tutti T.A.R. Puglia Bari, sez. III – 10/2/2011 n. 243). Il presupposto imponibile per il pagamento dei contributi di urbanizzazione va ravvisato nella domanda di una maggiore dotazione di servizi (rete viaria, fognature, ecc.) nell’area di riferimento, che sia indotta dalla destinazione d’uso concretamente impressa all’alloggio, in quanto una diversa utilizzazione rispetto a quella stabilita nell’originario titolo abilitativo può determinare una variazione quantitativa e qualitativa del carico urbanistico (Sentenza Sezione 11/6/2004 n. 646; T.A.R. Lombardia Milano, sez. II – 2/10/2003 n. 4502; Consiglio Stato, sez. V – 25/5/1995 n. 822).
In termini generali, il fondamento del contributo di urbanizzazione – da versare al momento del rilascio di una concessione edilizia – non consiste nell'atto amministrativo in sé bensì nella necessità di ridistribuire i costi sociali delle opere di urbanizzazione, facendoli gravare sugli interessati che beneficiano delle utilità derivanti dalla presenza delle medesime, secondo modalità eque per la comunità. L'entità degli oneri di urbanizzazione è in buona sostanza correlata alla variazione del carico urbanistico, sicchè è ben possibile che un intervento di ristrutturazione e mutamento di destinazione d'uso possa non comportare aggravi di carico urbanistico e quindi l'obbligo della relativa corresponsione degli oneri; al contrario è altrettanto possibile che in caso di mutamento di destinazione di uso nell'ambito della stessa categoria urbanistica, faccia seguito un maggior carico urbanistico indotto dalla realizzazione di quanto assentito e correlativamente siano dovuti gli oneri concessori (T.A.R. Lazio Roma, sez. II – 14/11/2007 n. 11213)
" (cfr. TAR, Lombardia, BS, II, 2.3.2012, n. 355).

Dunque il carico urbanistico comporterebbe non solo considerazioni e/o valutazioni di tipo quantitativo bensì anche di tipo qualitativo.

Eppure, la stessa Giustizia Amministrativa ritiene che:

a) le pertinenze urbanistiche, ancorchè apprezzabili volumetricamente (entro la percentuale prevista del 20%), non incidono sul carico urbanistico (cfr. TAR Campania, SA, I, 16.2.2012, n. 250; CdS, IV, 18.10.2010, n. 7549), ovvero hanno una modesta rilevanza economica e un limitato peso per il territorio (cfr. CdS, IV, 13.1.2010, n. 41; TAR lombardia, BS, I, 22.9.2010, n. 3555);

b) il muro di cinta, di crica 1 metro di altezza per la lunghezza di 20 metri, realizzato per sostituire la barriera metallica preesistente e quindi conferire una migliore protezione alla proprietà, rappresenta un intervento modesto che non viene ad incidere sul carico urbanistico (cfr. CdS, V, 22.10.2007, n. 5515);

c) il carico urbanistico può aumentare anche nell'ambito di una stessa macro-categoria urbanistica (cfr. CdS, IV, 16.9.2011, n. 5226).

In conclusione, si è del parere che non bisogna confondere i carichi urbanistici, o pesi urbanistici o incidenza urbanistica, essendo tale ciò che inerisce ed influisce sul proporzionamento tra quantità edificatorie e quantità di standard e servizi, in relazione alle diverse funzioni "urbanistiche" e, dunque, alle correlate esigenze urbanizzative (residenziale, produttiva industriale-artigianale, produttiva commerciale-direzionale - verde, parcheggio, strade, reti tencologiche, ecc.), con le trasformazioni urbanistiche ed edilizie del territorio.

Infatti, non tutte le trasformazioni del territorio, in senso edilizio e urbanistico, incidono sulle urbanizzazioni, basti pensare che il testo unico edilizia ritiene sia una trasformazione edilizia e urbanistica del territorio un intervento che modifica la sagoma ovvero il prospetto di un edificio esistente (quindi anche un banale ampliamento/restringimento di una finestra).

Appare dunque quanto mai opportuno un riordino concettuale in materia, riordino, ovviamente, di tipo legislativo.

data documento:
31-07-2012
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