Massima
 

Variante alternativa al progetto elaborato dalla stazione appaltata in una gara con criterio di scelte dell'offerta economicamente vantaggiosa

La sentenza affronta la possibilità di presentare un progetto di variante alternativo rispetto al progetto elaborato dalla stazione appaltante e posto a base della gara.

In linea generale la previsione esplicita della possibilità di presentare varianti in sede di offerta per gli appalti di servizi, è contemplata dall’art. 24, d.lgs. n. 157 del 1995 (applicabile ratione temporis), in parte qua riproduttivo della disciplina recata dalla direttiva 92/50/Ce (ed oggi generalizzata dall’art. 76 del codice dei contratti pubblici per qualsivoglia appalto); l’amministrazione deve indicare, in sede di redazione della lex specialis, se le varianti sono ammesse e, in caso affermativo, identificare i loro requisiti minimi.
La ratio della scelta normativa comunitaria riposa sulla circostanza che, allorquando il sistema di selezione delle offerte sia basato sul criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, la stazione appaltante ha maggiore discrezionalità e soprattutto sceglie il contraente valutando non solo criteri matematici ma la complessità dell’offerta proposta, sicché nel corso del procedimento di gara potrebbero rendersi necessari degli aggiustamenti rispetto al progetto base elaborato dall’amministrazione; nel caso invece di offerta selezionata col criterio del prezzo più basso, poiché tutte le condizioni tecniche sono predeterminate al momento dell’offerta e non vi è alcuna ragione per modificare l’assetto contrattuale, non è mai ammessa la possibilità di presentare varianti.
In ogni caso deve ritenersi insito nella scelta del criterio selettivo dell’offerta economicamente più vantaggiosa che, anche quando il progetto posto a base di gara sia definitivo, sia consentito alle imprese proporre quelle variazioni migliorative rese possibili dal possesso di peculiari conoscenze tecnologiche, purché non si alterino i caratteri essenziali delle prestazioni richieste dalla lex specialis onde non ledere la par condicio (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 11 febbraio 1999, n. 149).
La giurisprudenza nazionale ha elaborato alcuni criteri guida relativi alle varianti in sede di offerta (cfr. Cons. Stato, sez. V, 19 febbraio 2003, n. 923; sez. V, 9 febbraio 2001, n. 578; sez. IV, 2 aprile 1997, n. 309):
- si ammettono varianti migliorative riguardanti le modalità esecutive dell’opera o del servizio, purché non si traducano in una diversa ideazione dell’oggetto del contratto, che si ponga come del tutto alternativo rispetto a quello voluto dalla p.a.
- risulta essenziale che la proposta tecnica sia migliorativa rispetto al progetto base, che l’offerente dia contezza delle ragioni che giustificano l’adattamento proposto e le variazioni alle singole prescrizioni progettuali, che si dia la prova che la variante garantisca l’efficienza del progetto e le esigenze della p.a. sottese alla prescrizione variata;
- viene lasciato un ampio margine di discrezionalità alla commissione giudicatrice, trattandosi dell’ambito di valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
Ciò premesso in diritto, la sezione osserva in fatto che contrariamente a quanto affermato dal ricorrente, la lex specialis della gara in contestazione, non ha introdotto un divieto assoluto di varianti in sede di formulazione delle offerte.
L’art. 6 del bando, infatti, nonostante l’apparente assolutezza del suo tenore letterale, specifica la propria portata attraverso il rinvio all’art. 11 (rectius 12) del capitolato speciale; quest’ultima disposizione, ancorché non brilli per chiarezza, è sufficientemente univoca – se interpretata conformemente al favor mostrato dall’ordinamento comunitario affinché le imprese possano proporre in sede di offerta le soluzioni tecnologiche più efficaci - nell’indicare che il progetto redatto dalla stazione appaltante e posto a base della gara è solo assimilabile a quello esecutivo e che potrà essere integrato da ciascuna impresa concorrente attraverso l’elaborazione di appositi <<particolari costruttivi>> che integrino o modifichino il progetto base.
Da tutta la documentazione allegata al fascicolo d’ufficio, emerge che le difformità progettuali paventate dalla ricorrente come capaci di stravolgere le linee guida del progetto base, in realtà sono semplici migliorie tecnologiche che la stazione appaltante ha valutato positivamente, senza trasmodare nell’arbitrio, nell’esercizio della sua insindacabile discrezionalità.
Sotto tale angolazione è del tutto irrilevante, stante la terminologia anodina con cui è stata redatta la lex specialis, che il Gruppo di lavoro della Regione Lombardia – convocato su sollecitazione del comune di Maleo in data 25 luglio 2006 – abbia qualificato il progetto di bonifica presentato dalla Progesam come <<variante alternativa>>.
L’esame sostanziale del verbale della seduta rende edotti che, al contrario, il progetto, all’epoca aggiudicato solo in via provvisoria, fu ritenuto perfettamente compatibile con i requisiti minimi essenziali individuati in sede di redazione del progetto base, tanto che si ammonì il comune a non approvare, in sede di esecuzione, perizie suppletive onde evitare aumenti di costi e contenziosi con terzi.
Le conclusioni cui è giunta la sezione rendono superflua la c.t.u. richiesta dall’appellante nella memoria dell’8 maggio 2008 (pagina 18).

Romolo Balasso architetto
Presidente Centro Studi Tecnojus